Finora sono costate alle tasche dei contribuenti quasi 160 milioni di euro. A tanto ammonta la cifra che l’Italia è stata condannata a pagare dalla Corte di Giustizia europea per le violazioni degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Ue. Una stima, peraltro, ancora provvisoria. Come spiega una nota del Servizio Studi del Senato, oltre ad una sanzione forfettaria, le quattro sentenze emesse a carico del nostro Paese prevedono anche una serie di penalità di mora. Somme aggiuntive, cioè, che scattano ad intervalli periodici in caso di mancata ottemperanza alle decisioni dei giudici. E che rischiano di moltiplicare il debito già accumulato nei confronti dell’Europa. Senza contare gli ulteriori oneri finanziari che potrebbero scaturire dalle procedure di infrazione ancora aperte e pendenti. Si tratta di cinque sentenze relative a quattro casi di aiuti di Stato illegittimi per la navigazione e gli alberghi della Sardegna, per le imprese che hanno investito nei comuni colpiti dal sisma del 2002 e per le esenzioni fiscali e prestiti agevolati in favore di imprese di servizi a prevalente capitale pubblico. Il quinto caso, infine, riguarda la mancata garanzia dell’indipendenza del gestore dell’infrastruttura ferroviaria.
AIUTI FUORI ORDINANZA – Nel mirino della Corte di Giustizia sono finiti, innanzitutto, gli aiuti di Stato “illegali e incompatibili con il mercato comune” concessi per “l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di formazione”. Il loro “mancato recupero”, ricordano i tecnici di Palazzo Madama, è costato finora all’Italia una sanzione forfettaria di 30 milioni di euro, oltre ad una penale per ogni sei mesi di ritardo nell’attuazione della sentenza. Ad oggi ne sono già state pagate due: una da 16.500 euro, l’altra da 6.200. Ma la mannaia dei giudici europei non ha risparmiato neppure gli aiuti stanziati “a favore delle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia”, riconosciuti a loro volta “illegittimi e incompatibili” e costati altri 30 milioni di euro alle casse dello Stato. Ai quali, a metà marzo del prossimo anno, potrebbero cumularsi anche i 12 milioni di euro di penale previsti per ogni semestre di ritardo nell’esecuzione della sentenza emessa il 17 settembre 2015.
MONNEZZA EXTRA LUSSO – Ma la batosta più pesante è arrivata per lo scandalo delle 198 discariche abusive disseminate, con qualche eccezione, su tutto il territorio nazionale. “La mancata adozione dei provvedimenti necessari per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo” e senza ricorrere a “procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente”, ci è costata una sanzione forfettaria di 40 milioni. Oltre ad una penalità semestrale di 42 milioni 800 mila euro, da cui verranno decurtati rispettivamente 400 mila euro per ogni discarica contenente rifiuti pericolosi e 200 mila per ogni altra discarica messe nel frattempo a norma. Essendo la prima penalità di 39,8 milioni già stata pagata, il totale ha toccato quota 79 milioni 800 mila euro. Cifra alla quale, prosegue la nota del Servizio Studi del Senato, si aggiunge la multa di altri 20 milioni inflitta da una quarta sentenza che ha accertato analoghe violazioni per la regione Campania. Dove la Corte ha sanzionato anche “la mancata creazione di una rete adeguata e integrata di impianti di smaltimento”. Se entro gennaio 2016 l’Italia non avrà ancora ottemperato al provvedimento dei giudici europei, scatterebbe un’ulteriore penalità di 120 mila euro per ogni giorno di ritardo. Insomma, in tutto 159 milioni 822 mila 700 euro versati finora dall’Italia nelle casse dell’Unione europea.
5 STELLE AL VETRIOLO – Questa la fotografia scattata dai tecnici di Palazzo Madama. Mentre il nodo delle sanzioni Ue ha già scatenato polemiche e accuse dai banchi dell’opposizione. In particolare da quelli del Movimento 5 Stelle. Che i dati ufficiali e “aggiornati” sull’ammontare delle “multe che l’Italia dovrà pagare all’Europa per le infrazioni delle direttive europee” li pretende dal governo. Per questo, a Montecitorio, i grillini della commissione Politiche Ue, hanno presentato nelle scorse settimane un’interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro dell’Economia Piercarlo Padoan. Sollevando anche un’altra questione. “Viene raddoppiato il budget per pagare le multe all’Europa senza spiegare come s’intenda sanarle – osserva il capogruppo in commissione Sergio Battelli –. All’articolo 40 della Legge di Stabilità vengono destinate ulteriori risorse al ‘Fondo per il recepimento della normativa europea’, che dovrebbe servire a questo e non a pagare le sanzioni”.
FONDO A RISCHIO – Un fondo finanziato per la prima volta nel 2015 con 10 milioni di euro e 50 milioni annui a partire dal 2016. “Il governo Renzi ne stanzia altri 50, arrivando a quota 100 milioni per l’anno prossimo e aumentando a 100 milioni annui, dal 2017 al 2020, il contributo per l’adeguamento dell’Italia alle direttive Ue”. Eppure, prosegue Battelli, “questa voce di spesa non è supportata da nessuna analisi su quanto l’Italia dovrà spendere di preciso, visto che i dati del 2015 risalgono al 30 giugno 2014 e sono nelle mani del Dipartimento Politiche europee che fa capo proprio alla Presidenza del Consiglio”. La preoccupazione, in altre parole, è che il salasso delle multe vada a svuotare proprio il Fondo per il recepimento delle norme Ue. Risultato: “Renzi – conclude Battelli – continua così a portare avanti la logica ragionieristica del ‘ce lo chiede l’Europa’ inaugurata da Monti e proseguita dai governi non eletti, come il suo”.
Twitter: @Antonio_Pitoni