Stamattina la polizia ha fatto irruzione nel centro Baobab di Roma, vicino alla stazione Tiburtina. Circa sessanta uomini, tra carabinieri e poliziotti, hanno circondato la struttura vestiti in tenuta antisommossa e pare aiutati da due camionette blindate a bloccare la piccola stradina dove sorge il centro.
Immaginiamo che ci siano buoni motivi per tutto ciò. Immaginiamo che le forze dell’ordine abbiano avuto notizia di un qualche pericolo che si nasconde dentro il Baobab. Immaginiamo che abbiano saputo di qualcosa di straordinario. Perché chi conosce il centro sa bene che nella sua vita ordinaria nulla giustificherebbe un tale dispiego di potenza.
Non lo giustificherebbero le decine di bambini che alloggiano al Baobab e che trascorrono le loro giornate a giocare nel cortile con i giocattoli regalati dal quartiere attorno. Non lo giustificherebbero gli uomini e le donne che, arrivati stremati nella Capitale, trovano in quel centro un pasto caldo e una coperta prima di ripartire. Non lo giustificherebbero gli straordinari volontari che oramai da mesi trascorrono i loro giorni a cucinare pasti e a distribuire materiale per l’igiene.
In un momento in cui il mondo ha i nervi a fior di pelle e in cui ci sentiamo tutti ancora disperati per quel che è accaduto a Parigi, sarebbe un grave errore lanciare istituzionalmente un segnale, anche iconografico, di guerra verso lo straniero. Sappiamo che oltre venti persone sono state già portate all’ufficio immigrazione. Ci auguriamo che tutto accada nel totale rispetto delle garanzie.
In ogni caso, ricordiamoci che là dentro ci sono uomini, donne e bambini che stanno scappando da quegli stessi terroristi che tutti noi vogliamo combattere. Ricordiamocelo e restiamo umani, come ha detto Matteo Renzi e prima di lui ha detto Vittorio Arrigoni.