Cinema

Torino film festival 2015, il dialogo tra Islam e Costituzione italiana nel film di Marco Santarelli

In origine c’era l’ambizione della creazione di una carta di diritti e doveri scritta dai detenuti (Dustur, titolo del film, in arabo significa Costituzione): obiettivo raggiunto anche se la narrazione documenta, spinge l’interesse, e scivola inevitabilmente, nel confronto tra laicità e religione

di Davide Turrini

Islam e Costituzione italiana. Metti a confronto legge di Dio e legge degli uomini e non sai cosa verrà fuori. L’esperimento didattico di dialogo tra cultura laica e credo islamico si è svolto nella biblioteca del carcere della Dozza di Bologna. A filmarlo è stato Marco Santarelli intitolando il suo lavoro Dustur: film in Concorso tra i documentari del Torino Film Festival 2015. Otto mesi di riprese, dal novembre 2014 al maggio 2015, due ore a settimana d’incontro per una quindicina di detenuti musulmani al cospetto di un corso organizzato da un frate dossettiano. Sul tavolo fogli, foglietti, appunti, penne e pennarelli, ma soprattutto il testo costituzionale della Repubblica Italiana. In origine c’era l’ambizione della creazione di una carta di diritti e doveri scritta dai detenuti (Dustur in arabo significa Costituzione): obiettivo raggiunto anche se la narrazione documenta, spinge l’interesse, e scivola inevitabilmente, nel confronto tra laicità e religione. Gli argomenti, introdotti dalla lettura di diversi articoli del testo costituzionale italiano che il 1 gennaio 2016 compirà 68 anni, sono la libertà di espressione e di fede religiosa, l’uguaglianza tra cittadini, il diritto al lavoro. Temi che vengono dialetticamente accostati ad alcuni articoli della costituzione tunisina, o ancora di più: verso i principi valoriali degli stati islamici come la sharia, la sunnah, la giustizia amministrata in nome di una divinità. Così la discussione si accende.

“Se rubo in Italia finisco in prigione. Se rubassi in Arabia Saudita mi taglierebbero la mano. Infatti là nessuno ruba nemmeno un pezzo di pane e non ci sono rapine. Giusto così. Se poi segui la Sharia otterrai la salvezza”, spiega uno dei detenuti al cospetto di frate Ignazio, il dossettiano che ha studiato diritto islamico e vissuto a lungo in Medio Oriente. Altro tema caldo, la conversione religiosa, ed altro scontro/confronto. “Se un cristiano diventa musulmano che fate?”, chiede il frate, e in coro tutti apprezzano. Ma il contrario diventa motivo di aperto dibattito. Un ragazzo marocchino dice: “Non sono Dio, non posso giudicarlo”; ma c’è anche il tunisino che afferma: “Come posso accettarlo io se è Dio che non lo accetta. In cella con lui comunque non vorrei starci”. E ancora è l’organizzatore dell’incontro a ricordare ai detenuti musulmani come la costituzione tunisina senta la necessità di professare un Islam che va verso tolleranza e moderazione, e contro l’incitazione all’odio: “Il legislatore tunisino vuole esplicitare che la moschea rimanga un luogo neutrale. Mentre vedete, nella Costituzione italiana non si parla mai di “moderazione” o “tolleranza”, ed è vietato parlare di infedeli”, spiega Ignazio. “Dio non c’è nel nostro diritto, anche se nel passato c’è stato”, aggiunge una docente di diritto ospite agli incontri. Anche da questa biblioteca passa la possibile integrazione culturale tanto auspicabile, e proprio nel capitolo sulla libertà di espressione religiosa raggiunge il suo apice: “Guardate che costituzionalmente è garantito il diritto ai musulmani di andare fuori da un chiesa la domenica dopo la messa per dare volantini che invitano ad andare in moschea il venerdì”, conclude il prete dossettiano tra un certo stupore dei detenuti.

“Non mi sarei mai aspettato che Dustur uscisse proprio nei giorni in cui parliamo di fanatismo religioso e di dialogo con l’Islam”, spiega il regista Santarelli a FQMagazine. “E’ una tensione che viviamo da anni. Ed è difficile per questi ragazzi musulmani separare la legge di Dio da quella degli uomini perché per loro i due concetti coincidono. E’ un confronto non facile, dietro ci sono secoli di storia. Non possiamo aspettarci che il discorso si chiuda in pochi mesi. Ci vorrà molto tempo. Chi dice il contrario fa sola bieca propaganda”. Così oltre a Yassine Lafram, il giovane presidente della Comunità Islamica di Bologna, che ha aiutato nell’organizzazione degli incontri, e  Samad, detenuto per quattro anni alla Dozza, oggi reinserito con successo “laicamente” in società anch’esso ospite delle discussioni, è la figura di frate Ignazio ad emergere per spirito altrettanto “laico”. “E’ stata una grande sorpresa. Quando iniziai il progetto non sapevo fosse dossettiano. Dossetti pur essendo cattolico e successivamente frate, mise la Costituzione italiana del ’48 prima di ogni altro aspetto della vita pubblica del nostro paese: la rese sovrana”. Ecco allora il suggerimento di Santarelli nei momenti tragici in cui non s’intravede la luce in fondo al tunnel dello scontro, ma solo l’abisso profondo del fanatismo oscuro: “Io un passo l’ho fatto girando questo film, spingermi oltre creerebbe caos. Giornalisti, politici e registi facciano altrettanto. Staremo tutti meglio”.

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