La Tunisia piomba di nuovo nel terrore, dopo le stragi jihadiste al Museo del Bardo e nel resort turistico di Sousse: nella capitale una bomba ha distrutto un autobus che trasportava un gruppo di guardie presidenziali, provocando diverse vittime, 15 secondo l’ultimo aggiornamento, e 14 feriti. Come prima riposta, le autorità hanno ripristinato lo stato d’emergenza per un mese. La forte esplosione si è verificata nelle ore di punta nella centrale Avenue Mohamed V di Tunisi, vicino all’ex sede del partito del deposto presidente Ben Ali. L’autobus è andato in pezzi: una fonte della sicurezza ha parlato di una dinamica compatibile con un’esplosione dall’interno del bus, probabilmente a causa di una bomba a bordo o di un kamikaze che ha azionato una cintura esplosiva. Testimoni hanno riferito di un’esplosione che si è sentita per tutta la città e di “spettacolo catastrofico”. Palpabile il nervosismo delle forze dell’ordine, dispiegate a centinaia tra polizia e militari, che si sentono prese di mira in prima persona.
Sul posto sono arrivati il primo ministro Habib Essid ed il ministro degli Interni Najem Gharsalli, che ha parlato subito di “attacco terroristico”. Il presidente Beji Caid Essebsi è apparso alla tv dichiarando la proclamazione dello stato di emergenza per 30 giorni e il coprifuoco notturno. “Siamo in guerra con il terrorismo, ci attrezzeremo”, ha promesso Essebsi, che ha subito convocato una riunione del comitato sicurezza.
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— Frédéric Bobin (@FrdricBobin) November 24, 2015
Lo Stato nordafricano, che prima del Bardo era considerato l’unica “oasi” di sicurezza nell’area, oggi è considerato il principale esportatore di jihadisti: almeno 3mila tunisini sarebbero andati a combattere per l’Isis in Siria e Iraq. Così la Tunisia, dopo appena quattro anni dalla “rivoluzione dei gelsomini“, che accese la miccia della cosiddetta Primavera araba e provocò la fine della dittatura, è tornata a rivivere l’incubo terrorismo. Per la Tunisia il 2015 è stato un ‘annus horribilis’. A marzo un commando terrorista ha assaltato il museo nazionale del Bardo, nella capitale, uccidendo 24 persone, tra cui 21 turisti (4 dei quali italiani) e ferendone altre 45. A giugno, tre uomini armati sono sbarcati sulla spiaggia di un resort turistico a Sousse, massacrando 39 persone e ferendone altre 38. In entrambi i casi, è arrivata la rivendicazione dell’Isis.
Il 7 aprile uomini armati tesero invece un’imboscata ai soldati tunisini uccidendo 4 di loro nella regione occidentale di Kasserine vicina al confine con l’Algeria. Nel luglio del 2014 sono invece 15 i soldati uccisi da sospetti militanti islamici che hanno attaccato un posto di blocco vicino al confine tra la Tunisia e l’Algeria. Ancora prima, il 6 febbraio del 2013, viene assassinato vicino a Tunisi il leader del Movimento patriotico, partito laico di sinistra, Chokri Belaid. Il 25 luglio del 2013 toccherà a un altro leader dell’opposizione Mohamed Brahmi, dando il via a un’ondata di manifestazioni di massa e di richieste di dimissioni rivolte al governo islamico di Ennahda, incoronato dalle elezioni parlamentari dell’ottobre del 2011.