Il sottosegretario ai trasporti e infrastrutture del Governo Renzi, non indagato, e le nomine sanitarie nella "sua" Benevento. Al Fatto spiega la telefonata alla compagna Ida Ferraro, dirigente dell’ospedale Rummo, che gli aveva chiesto di accettare una proposta che offriva pacchetto di voti: "Il consenso comporta obblighi morali"
Il sottosegretario ai trasporti e infrastrutture del Governo Renzi, Umberto Del Basso De Caro, 62 anni, nel gennaio del 2013, parlando con la sua compagna scandisce una massima che resterà negli annali della terza repubblica: “I voti non sono gratis“. L’avvocato 50enne Ida Ferraro, dirigente dell’ospedale Rummo di Benevento propone al compagno di accettare la proposta indecente di una tale Rita (secondo la Squadra Mobile sarebbe una dirigente della Asl di Benevento ma lei e il deputato Pd negano) che offriva un pacchetto di voti.
Ida Ferraro descrive così la contropartita al compagno: “Vuole: uno che Boccalone se ne va; due tornare al Rummo e tre una posizione organizzativa”. Nicola Boccalone è il direttore generale dell’ospedale Rummo, che poi sarà sostituito, dalla Regione guidata da Caldoro, alla scadenza del mandato da un commissario. L’attuale sottosegretario renziano non ritiene scandaloso lo scambio tra il pacchetto di voti e la “posizione organizzativa” nell’ospedale. Anzi, accetta di fissare un incontro per parlarne perché “questo è evidente i voti non sono gratis” e ancora “non è questo il problema” e poi aggiunge “vediamo come possiamo fare, non dovrebbe essere impossibile”.
Oggi al Fatto Quotidiano Del Basso De Caro spiega: “Volevo dire che ogni voto implica un’obbligazione dal punto di vista umano ma io non potevo fare nulla perché ero in notorio contrasto con il direttore generale Boccalone”. Non è questa l’unica telefonata imbarazzante per l’uomo forte del Pd a Benevento. Renzi lo ha difeso quando è stato indagato per rimborsopoli in Campania e ha avuto ragione perché Del Basso De Caro alla fine è stato prosciolto. Stavolta non è nemmeno mai stato indagato. I pm lo hanno fatto intercettare per un mese e mezzo solo per cercare reati di terzi fino a quando non è stato proclamato parlamentare del Pd.
L’inchiesta del pm della Direzione distrettuale amntimafia di Napoli Luigi Landolfi e del pm di Benevento Giovanni Tartaglia Polcini (codelegato perché aveva avviato l’inchiesta) si è sgonfiata. Otto mesi fa la Dda di Napoli ha restituito il fascicolo a Benevento perché l’ipotesi di un favoreggiamento di un clan mafioso beneventano da parte di altri politici locali non era riscontrata. Nel frattempo il pm Tartaglia Polcini era andato a fare il consulente al ministero degli esteri e il sostituto, il pm Giacomo Iannella, a ottobre ha inviato l’avviso di conclusione indagini a cinque persone per un filone minore sui Servizi sociali del Comune di Benevento. Così sono divenute pubbliche anche le intercettazioni di Del Basso De Caro e le informative.
Il 21 gennaio del 2013 la Squadra Mobile chiede di intercettare De Caro perché “il dato incontrovertibile (…) è rappresentato dalla prepotente centralità della figura dell’avv. Del Basso De Caro, capogruppo alla Regione del Pd il quale, oltre a dare lecitamente indicazioni e suggerimenti sulle linee di indirizzo politico da tenere, sovente trascende in modo autoritario in una serie continua di ‘ingiustificate ingerenze’ (per usare un eufemismo) nella gestione dell’esecutivo della casa comunale”.
Secondo la Polizia, l’attuale sottosegretario nel novembre 2012 “costringe il sindaco di Benevento Fausto Pepe a fornire di schede segnalate alcuni consiglieri che Del Basso evidentemente reputa poco affidabili”. In particolare Mario Cangiano, eletto nel Centro democratico di Bruno Tabacci, poi passato all’opposizione. Del Basso De Caro dice al Fatto: “Non ho mai fatto queste cose. Non c’entro con queste nomine”. Vale la pena riportare la parte più importante della conversazione per rinfrescare la memoria.
Del Basso De Caro: Ma tu a Mario Cangiano (consigliere) gli devi dare la scheda segnalata.
Fausto Pepe: Si si è l’unica cosa…
De Caro: Però segnalate come ti ho detto io: il primo nome deve essere quello là del presidente… no?
Pepe: Eh ! Certo… certo.
De Caro: Quindi però col diminutivo… il secondo… prima il cognome.
Pepe: Sì… Gianni.
De Caro: Il primo nome è Gianni… il secondo… prima il cognome poi il titolo di studio e poi il nome di battesimo.
Pepe: Sì sì sì. Così faccio.
De Caro: Li fottiamo.
Pepe: Noi andiamo in maggioranza numerica.
Il 12 novembre 2012 viene nominato presidente del collegio dei revisori del comune di Benevento Giovanni Cuomo. Abbiamo chiesto se è lui quel Gianni (col diminuitivo) di cui parla Del Basso De Caro sperando di “fotterli”. Il sottosegretario nega.
Per la Polizia questa non è la telefonata peggiore: “In altre va decisamente oltre, valicando i limiti della legalità e mostrando appieno la sua Reale Arte, quella del ‘Puparo‘ che non usa baccagli, ma un linguaggio chiaro, perentorio ed inequivocabile; per questo motivo, la conversazione che segue non ha bisogno di commenti.
De Caro: Volevo pregarti… vedi che il professore Cappelluzzo…
Pepe: Come no Massimo…
De Caro: Sì… eh… Massimo… ti ha pregato per una delibera.
Pepe: Va benissimo sì ora la facciamo. Oggi tu sai abbiamo consiglio, diciamo che gliela prendiamo appena è pronta… tra oggi e domani dai!
De Caro: Scusa… chi la deve scrivere questa delibera?
Pepe: la Villanacci (Anna, dirigente del comune, ndr).
De Caro: E falla scrivere senò te la scrive stesso il professore Cappelluzzo e te la porto io! (…)
Pepe: Hai ragione… facciamo così… sì! Sì! Sì!
De Caro: Per sveltire la manovra, perché se aspettiamo a questi cazzi di dirigenti che non vogliono fare niente e non sanno fare niente… è capace che la sbagliano a scrivere.
Pepe: Bravo.
De Caro: Invece io dico per semplificare se te la portano loro come proposta su un foglio di carta… naturalmente “anonimo e bianco”… come schema…
Pepe: E fammela portare.
Al Fatto, De Caro dice: “Io non conosco nessun Cappelluzzo o come si chiama lui”.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2015