Aveva diciassette anni. E’ stato ucciso da un agente di polizia, ormai più di un anno fa, nel Southwest Side di Chicago. Un anno dopo, l’agente è incriminato, e il video che mostra quanto successo nell’ottobre 2014 viene reso pubblico, scatenando le proteste per le strade di Chicago e di altre città americane. La gente, molti ragazzi, sono scesi in strada, hanno urlato soprattutto due parole: “16 colpi”, quelli scaricati dall’agente di polizia nel corpo del ragazzo.
Sono le 9.47 della sera del 20 ottobre 2014 quando la centrale di polizia chiede alle volanti di dirigersi all’incrocio tra la 41esima Strada e Kildare Avenue. Lì, in un parcheggio, un ragazzo è stato bloccato da un uomo mentre cerca di rubare delle autoradio. Rispondono diverse macchine della polizia. La prima che arriva nella zona lancia un altro messaggio radio, dice di aver visto il ragazzo fuggire con un coltello in mano.
Sulla Chevrolet di ordinanza arriva nell’area del parcheggio anche l’officer Jason Van Dyke. E’ in servizio, con un collega, da poco più di un’ora. I due vedono il sospetto scendere per Pulaski Road, passare accanto a un Burger King. Escono dalla macchina, con le pistole in mano, mentre altre macchine della polizia raggiungono la zona. Il ragazzo li vede. E’ nel mezzo della strada, cambia direzione. Non corre, non minaccia. Si limita ad allontanarsi.
Uno dei due agenti comincia a sparare. Prima due colpi. Il ragazzo cade, ma si dimena, a terra. E’ ancora vivo. L’agente gli si avvicina. Scarica altri colpi. Sedici in tutto, in 14 secondi. L’agente sta caricando ancora l’arma quando il collega gli chiede di fermarsi. Il ragazzo non si muove più. L’agente gli si avvicina e raccoglie il coltello.
E’ così che è morto Laquan McDonald, afro-americano di 17 anni. Il suo assassino, l’agente Van Dyke, 37 anni, si è sempre difeso sostenendo che il ragazzo rappresentava un pericolo; che lui si era sentito minacciato dalla presenza del coltello tra le mani del ragazzo. Questa è stata, per un anno, la sua linea di difesa, in cui il sindacato di polizia l’ha sostenuto e appoggiato. L’agente Van Dyke avrebbe dunque agito “per legittima difesa”.
La camera montata su una delle volanti presenti lo smentisce clamorosamente. Il ragazzo non ha minacciato, non si è avventato contro gli agenti col coltello, non ha cercato di fuggire. E’ stato, semplicemente, freddato. Senza ragione. Il video esiste da quella sera, e le autorità di Chicago, polizia e magistratura, erano consapevoli della sua esistenza. Fino alla settimana scorsa la polizia ha insistito per non renderlo pubblico. C’è voluta una causa, portata avanti da un giornalista freelance, Brandon Smith, per costringere le autorità a mostrare al pubblico il filmato.
Il governatore dello Stato, Bruce Rauner, il sindaco di Chicago, Rahm Emanuel, il capo della polizia, Garry McCarthy, chiedono ora di limitarsi a proteste pacifiche, di non lasciarsi andare a violenze. “La città sarà all’altezza di se stessa. Questa storia può essere un momento di comprensione e conoscenza”, ha detto il sindaco Emanuel, che è stato chief of staff di Barack Obama alla Casa Bianca durante il primo mandato del presidente.
Non è del resto un caso che l’agente Van Dyke sia comparso in una corte della città alcune ore prima della pubblicazione del video. Si è cercato, in questo modo, di sedare l’esplosione prevedibile di indignazione da parte di molti residenti neri di Chicago, una città che ha una lunga storia di proteste e tensioni razziali. Van Dyke è stato accusato di omicidio di primo grado, un’accusa che può portare a una pena di vent’anni di carcere. Il procuratore distrettuale, Anita Alvarez, ha detto che “vedere un giovane di 17 anni morire in modo così violento è una cosa che disturba e indigna”. La Alvarez ha aggiunto che “i residenti di Chicago devono sapere che il mio ufficio, le autorità, li ascoltano”.
Nonostante le assicurazioni, centinaia di persone sono scese nella notte per le strade di Chicago e di altre città americane; a Minneapolis ci sono stati degli incidenti, con quattro feriti. La gente ha protestato, cantato, ripetuto ossessivamente lo slogan “16 shots“, diventato in questi mesi il simbolo della richiesta di giustizia per Laquan McDonald.