Migliaia di musulmani sono scesi nelle piazze europee per condannare, senza alcun tentennamento, gli attentati di Parigi, per dare delle loro comunità un’immagine non deformata dall’effetto di deliri fondamentalisti. Pierluigi Battista, intransigente commentatore e già vicedirettore del Corsera, non sembra essersi accontentato e ha, per così dire, alzato l’asticella: quei fatti, ha spiegato, sono solo i primi passi, adesso occorre il riconoscimento di valori “per noi” fondamentali, come la libertà religiosa , d’arte e di cultura, l’uguaglianza tra uomo e donna, la laicità dello Stato. Insomma, il sangue versato in Francia venga utilizzato per un energico risciacquo dei principi a cui si ispira, secondo l’editorialista, la comunità che vede nell’Islam il proprio riferimento religioso.

L’espressione “per noi” dà per scontato che i valori di tolleranza e libertà correttamente elencati nell’articolo di fondo siano estranei a chi, anche vivendo in Europa, prega cinque volte al giorno e pratica il digiuno durante il Ramadan; mentre sarebbero non solo accettati ma pacificamente metabolizzati, per esempio, da chi si fa il segno della croce e chiede al sacerdote l’assoluzione per i peccati commessi. Tesi del tutto legittima, peccato che Battista non chiarisca cosa gli dia queste certezze.

Musulmani in piazza 675

Il punto vero è però un altro: chiedendo questa profonda opera di revisione-autocorrezione dei principi fondamentali della propria religione in un contesto profondamente segnato da bombe e raffiche di mitra, si presume un nesso di causa-effetto tra i valori di una cultura diversa dalla nostra e la nouvelle vague terroristica. Ernesto Galli della Loggia, storico ed editorialista del quotidiano milanese, lo dice in chiaro: “Come faccia il terrorismo che tutti, ma proprio tutti, definiscono islamista a non avere nulla a che fare con l’Islam è qualcosa che dovrebbe, mi pare, richiedere una spiegazione”. E questo è davvero sorprendente, perché la storia del terrorismo non solo recente è piena zeppa di tizi che si affannano a citare testi ideologici o religiosi, ma nessuno può considerare le loro parole seriamente rappresentative dei principi generali a cui dicono di ispirarsi. Questo non significa che chi spara e uccide in nome di Allah non sia musulmano, ma semplicemente che i suoi deliri non sono condivisi dalla stragrande maggioranza di chi, almeno sulla carta, recita le stesse preghiere e celebra le medesime ricorrenze. La religione c’entra con gli attentati, come asserisce Galli della Loggia, ma questa è un po’ una scoperta dell’ombrello: il problema è vedere come c’entra.

Durante gli ultimi 20 anni, negli Usa, terroristi che si dichiaravano di volta in volta di fede cattolica, luterana e presbiteriana hanno compiuto attentati contro locali gay e attaccato – ferendoli o uccidendoli – medici abortisti e facendo saltare in aria le loro cliniche. Se a ridosso di questi episodi a qualcuno fosse venuto in mente che era giunto il momento di avviare una riflessione sulla possibile incompatibilità tra fede cristiana e democrazia gli avrebbero giustamente consigliato l’indirizzo di un bravo psichiatra. Nel 1995 un ordigno fece saltare un edificio federale a Oklaoma City, uccidendo 168 persone, tra cui 19 bambini. Dalia Mogahed, ex direttore esecutivo del Gallup Center for Muslim studies e consulente di Obama, la prima donna col velo a essere entrata alla Casa Bianca – ricorda che Timothy McVeigh, autore materiale dell’attentato, si ispirava a una sorta di cosmoteismo cristiano ed era un lettore dello scrittore William Luther Pierce, fervente antisemita. Fortunatamente questo non è sembrato motivo sufficiente per chiedere ai seguaci delle principali Chiese cristiane una professione di fede nei valori cardine della democrazia.

Il vezzo di usare la religione come scusa per ammazzare chi non la pensa come noi è molto diffuso, ma è assurdo confonderlo con la religione stessa. Dovrebbe ormai essere ovvio, eppure proprio l’altra sera, nel salotto di Bruno Vespa, Ernesto Galli della Loggia cercava di bistrattare con sussiego accademico un esponente delle comunità islamiche italiane, “colpevole” di non gradire il tipo di apparentamento tra Islam e terrorismo proposto dal professore. “Gli assassini del Bataclan gridavano Allahu Akbar”, era l’argomento di Galli della Loggia. Molto facile obiettare che gli assassini del Ku Klux Klan si rifacevano a versetti della Bibbia ma non potevano certo essere considerati dei giganti del pensiero cristiano. Certo, in Occidente c’è stata un evoluzione che ha messo in archivio, o quanto meno in discussione, gran parte del letteralismo tipico delle interpretazioni care al radicalismo religioso, cosa che non è accaduta in Paesi a maggioranza musulmana. Questo è il cruccio di Battista, a cui probabilmente sfugge quanto sta accadendo, per esempio, in Tunisia, sotto attacco dell’Isis proprio per aver imboccato con decisione la strada della democrazia, con la piena partecipazione del partito islamista Ennahda. “La legittimità dello Stato poggia sulla scelta del popolo…E noi siamo per la libertà di coscienza…per le libertà politiche”, dichiarava già nel 1993 il leader Rasid Ghannouchi, aderente alla Fratellanza musulmana.

Forse si meraviglierebbe Battista di scoprire quante donne sciolgano orgogliosamente i loro capelli al vento in una regione a maggioranza sunnita come il Kurdistan iracheno, in prima fila nella lotta contro Daesh. Cadrebbe dalle nuvole se gli si ricordasse che anche in Egitto esisteva un movimento per le riforme, ma l‘Occidente si presentava col volto corrotto del tiranno Hosni Mubarak e qualcosa del genere aveva fatto anche in Iran, favorendo l’ascesa degli aiatollah. Sono solo alcuni controesempi su cui sarebbe bene riflettere prima di emettere sentenze su Islam e violenza che evocano, prima ancora che lo scontro di civiltà, l’esibizione di inciviltà in corso da tempo alle nostre latitudini. Sarebbe davvero paradossale se Battista e Galli della Loggia, autorevoli esponenti di un pensiero che ama definirsi moderato, incappassero in invettive come quella pronunciata qualche giorno fa dal portavoce di Marine Le Pen: «Chi confonde i terroristi con la maggior parte dei musulmani è uno stronzo».

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