La giornata della lotta contro la violenza sulle donne è quella in cui si fa marketing istituzionale, in cui l’antiviolenza viene considerata un brand buono per raccattare consenso politico per ogni sede di convegno in cui si parlerà di cifre, donne morte, e si dimentica di parlare delle tante cifre di donne ancora vive che creperanno perché senza reddito e senza una reale possibilità di rifarsi una vita qualora non potranno lasciare la persona violenta che le tiene al cappio della dipendenza economica.
La giornata è buona per vendervi desideri di provvedimenti autoritari che ledono l’autodeterminazione delle donne, a partire da tutte quelle che prendono la violenza sulle donne come pretesto per vietare alle donne stesse scelte che fanno in tutta libertà. E sono libertà che io rispetto, che dovremmo rispettare in tante: la libertà di indossare il velo se lei lo sceglie o di spogliarsi ed esibire il corpo se lo si vuole, di fare mestieri che le moraliste in genere non approvano e hanno voglia di censurare.
Le attrici porno, le webcam girls, le sex workers, le persone che vendono servizi sessuali (e non pezzi di corpo), ovvero tutte quelle persone che si dà per scontato siano vittime da salvare a costo di invisibilizzarle e censurarle. Sostituirsi a loro è violenza sulle donne. Sostituirsi alle donne che vogliono abortire o assumere un contraccettivo d’emergenza è violenza. Sostituirsi a una donna che ama un’altra donna è violenza. Sostituirsi a una persona transgender negando la sua scelta è pura violenza. Censurare la rivendicazione dei diritti di donne, uomini, persone lgbt, migranti, sex workers, donne e uomini di culture diverse, è violenza. Su questo blog odiamo la violenza in tutte le sue forme.
Cominciamo con il riconoscimento dei soggetti che si auto rappresentano. Diamo loro voce. Evitiamo di invisibilizzarle, ed evitate, voi, di anestetizzarle per reclutarle a fare colore nelle vostre manifestazioni tristi, cimiteriali, in cui pare che si celebri la debolezza invece che la nostra forza. In cui si evita di dire la verità sul fatto che se lotti per le donne non puoi evitare di considerare la lotta di classe. Questo vale per quelle che parlano di violenza senza considerare la violenza istituzionale, dei tutori che ci sbarrano la strada quando rivendichiamo un diritto, la violenza di Stato, che ci considera solo oggetti delle loro rivendicazioni e mai soggetti capaci di progettare strumenti e soluzioni per noi stesse.
Per quel che mi riguarda il 25 novembre per me è quello in cui bisogna urlare forte #IoMiSalvoDaSola, perché non ho bisogno di cavalieri, di sorveglianti e protettori, di paternalisti e quella categoria di femministe che separano il mondo in due sessi e mi impediscono di vedere il mondo nella sua interezza. Il 25 novembre le mie ferite, il mio dolore, le esperienze vissute, non sono in vendita. Non lo sono per quelle che campano sulla mia pelle, quelle che hanno bisogno di una vittima da esibire per beccare legittimazione nelle istituzioni, quelle che decidono tutto loro e dicono di parlare in mio nome salvo zittirmi quando sono io stessa a chiedere quello di cui ho bisogno.
#IoMiSalvoDaSola. E voi?