25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza alle donne. Quest’anno, complice la collaborazione tra Confagricoltura Donna Calabria e l’associazione D.i.RE. (Donne in rete contro la violenza), la prima in Italia a raggruppare 70 centri non istituzionali gestiti in forme associative da donne, centri di buone pratiche contro una piaga sociale che non risparmia vittime neanche in una giornata come questa, in tre piazze d’Italia s’è svolta la vendita delle clementine Igp della Piana di Sibari.
Tre città d’arte unite contro un malamore che non conosce confini. Venezia, Campo Santi Apostoli a Cannaregio, Firenze Piazza Beccaria e Cosenza, Mab: Museo all’aperto Carlo Bilotti, esempio di musealizzazione en plein air dove passeggiando puoi imbatterti in opere di Dalì, De Chirico o Rotella ma anche spazio di socialità e condivisione, unite in una campagna il cui ricavato andrà a sostegno dei centri antiviolenza, nel ricordo di Fabiana Luzzi, giovane studentessa arsa dal fidanzato nel 2013 in un agrumeto di Corigliano calabro. E le iniziative proseguiranno per tutta la settimana, con eventi tesi a sensibilizzare la cittadinanza su un fenomeno che per il Rapporto sul femminicidio realizzato dall’Eures ha registrato nel 2013 un aumento del 14%, soprattutto nell’ambito familiare, affettivo e nei contesti di prossimità: 179 vittime (nel 2012 erano state 157), praticamente una ogni due giorni. E il Sud, sempre per Eures, è l’area a più alto rischio.
Un territorio faticoso per le donne, la Calabria, sinora, da maglia nera nel contrasto a quest’odiosa violenza. Una regione dove sono disseminati 7 centri antiviolenza: 2 a Catanzaro, 1 a Lamezia, 1 a Cosenza, 1 a Crotone, 2 a Reggio Calabria. Quello di Cosenza, dedicato alla memoria di Roberta Lanzino, giovane studentessa uccisa dopo aver subito violenza il cui omicidio ad oggi resta ancora irrisolto, è stato il primo ad essere istituito sul territorio regionale e insieme a quello di Vibo fa parte della rete nazionale D.i.RE. Attivo dal 1988, dal 1990 ha messo a disposizione di un’utenza sempre in crescita, un Telefono rosa. Sono storie di donne che resistono ai soprusi, storie di donne che spesso non trovano la forza di liberarsi dei loro compagni e per questo si rivolgono ai centri; storie di fragilità ma anche storie di forza; storie, alcune, con un epilogo tragico, di ferite a morte. Un lavoro silenzioso, sottotraccia, ai limiti dell’invisibilità, che si è tradotto nel 2000 nell’apertura d’una piccola casa rifugio a indirizzo segreto, chiusa nel 2010 per mancanza di fondi.
Un’eresia, in una regione come tutte le altre con poteri di governance in materia, che dispone di fondi comunitari finanche in eccedenza, troppo spesso in passato mal spesi o che addirittura hanno beneficiato piuttosto che d’un biglietto di sola andata anche d’uno di ritorno indietro a Bruxelles. Di più, in Calabria esiste uno strumento normativo sui centri antiviolenza: la legge 20 del 2007 che porta il nome di una delle poche donne elette in Consiglio regionale, Liliana Frascà. E tuttavia, ironia della sorte, è stata finanziata una sola volta e mai più messa a bilancio. Che la dice lunga sulla latitanza di chi ha governato sinora i processi, con una conseguente quasi totale assenza di azioni di governo cumulate nelle politiche di welfare da parte di Province e Comuni. Del resto, in una mappa realizzata da ActionAid sull’utilizzo delle provvidenze messe a disposizione dalla 119, la Calabria assieme a poche altre regioni è oscurata in nero. Troppe le domande che ancora oggi non hanno risposta. In questo vuoto, a chi ci si rivolge? Chi deve intervenire? Interrogativi che accomunano tante donne impegnate, a partire da Antonella Veltri, unica calabrese nel Consiglio nazionale D.i.Re., consapevoli che la legge 119 del 2013 sul Femminicidio prevede azioni di sistema tese a valorizzare i centri antiviolenza. Frattanto ci si prepara all’incontro nazionale Prima di tutto libere, indetto da D.i.Re. insieme ad altre associazioni (LUD, Casa internazionale delle donne di Roma, Scosse, Leartemidi, i Consultori privati laici), che da pochi giorni è anche un blog. L’appuntamento è a Paestum, dal 4 al 6 marzo prossimi, per una piattaforma di discussione verso il piano nazionale sulla violenza alle donne. Nella speranza d’un radicale cambio di passo in Calabria, la regione di Lea Garofalo.