L'inchiesta sulle spese del premier, rinviata una prima volta, non è andata in onda lunedì sera. Modificata la scaletta già trasmessa ai giornali dall'ufficio stampa di Italia1. Al centro un pranzo “sospetto” da 80 euro del 6 giugno 2006
C’è un servizio di quei cattivoni de Le Iene che certifica la scarsa trasparenza di Matteo Renzi sindaco di Firenze e presidente della Provincia. C’è un riluttante Dario Nardella, erede a Palazzo Vecchio con la fascia tricolore, che rivendica un segreto istruttorio sulle spese in Municipio, subito considerato inesistente da un magistrato della Corte dei conti e da un giudice del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, ex ministro con Mario Monti e sottosegretario a Palazzo Chigi con Enrico Letta. L’unico difetto di questo servizio è che ancora non è andato in onda, nonostante l’ufficio stampa di Italia1 avesse diffuso la consueta anticipazione nel pomeriggio, prima di correggersi, dopo aver visionato la scaletta, a pochi minuti dall’inizio della puntata di lunedì 23 novembre.
In attesa, dopo le rivelazioni di Lino, la Corte dei conti ha aperto un fascicolo – fascicolo archiviato ieri dalla stessa Corte che non ha ravvisato sufficienti motivi per procedere -. Il caso scontrini ha raggiunto una dimensione politica proprio perché lo stesso rigore a cui è stato sottoposto Marino non viene applicato a Renzi, che anzi sfugge. Le Iene hanno sentito anche un ex consigliere provinciale, Guido Sensi, querelato da Renzi per le sue battute sui conti saldati dall’ente e portato in tribunale. Finché Renzi, spiega Sensi, non ha ritirato la denuncia per evitare di testimoniare e “discutere di queste carte di credito e di come ha utilizzato il denaro pubblico”. Da tre anni Tommaso Grassi, consigliere comunale, si batte invano con Nardella per ottenere le ricevute.
Questa è la sintesi del servizio de Le Iene espunto dalla scaletta di lunedì. Il lavoro di Dino Giarrusso già era stato rinviato la settimana precedente per motivi legali. Gli avvocati di Mediaset sono sempre molto attenti nell’evitare cause penali e civili, e hanno preteso una legittima riedizione del pezzo. Il giornalista avrà senz’altro perfezionato l’inchiesta e reperito un documento essenziale per inquadrare la vicenda. E dunque la diffusione dell’indagine giornalistica, a una platea molto giovane e numerosa di oltre 2 milioni di italiani, lunedì sembrava scontata. Poi qualcosa è accaduto.
Ma non sappiamo ancora se per le resistenze dei legali o per un diverso intervento dell’azienda. Anche se è doveroso precisare che Davide Parenti, l’autore del programma, non è un tipo che accetta censure in maniera supina. L’esatto opposto. Al momento non c’è una versione esaustiva su quanto successo.
Da Il Fatto Quotidiano del 26 novembre 2015