La società acquisisce il 100% della Soundreef Ltd, che opera nel Regno Unito nell’intermediazione delle royalties. La divisione italiana si occuperà di tecnologia. E annuncia che un "grandissimo artista" a gennaio si affiderà a lei
Soundreef tende la mano al vecchio nemico, torna italiana e vigila sulla nuova legge in arrivo. Da sempre etichettata come l’anti Siae, la società specializzata nella gestione dei diritti musicali, ha costituito in Italia Soundreef Spa che raccoglie 3,5 milioni di euro frutto degli investimenti di Vam Investments e LVenture Group.
In questo modo la società fondata da Davide d’Atri acquisisce il 100% della Soundreef Ltd che opera nel Regno Unito nell’intermediazione dei diritti d’autore. Il passaggio societario, oltre a riportare Soundreef in Italia, nasconde una divisione dei compiti. La società inglese si occuperà da Londra delle gestione dei diritti, mentre la spa italiana si occuperà principalmente di tecnologia. Oltre alle ragioni personali che lo hanno spinto al ritorno, D’Atri è fermamente convinto della validità degli ingegneri italiani che avranno il compito di sviluppare la tecnologia che già oggi promette trasparenza e tracciabilità delle royalty garantendo sicurezza e velocità nel pagamento dei diritti d’autore.
“Più che anti Siae – spiega D’Atri – siamo una società che si occupa di tecnologia a disposizione dell’industria musicale, ma anche di collecting society proprio come la Siae”. Difficile che la società guidata da Filippo Sugar raccolga l’invito anche perché nel frattempo i contrasti potrebbero riaprirsi visto che entro aprile 2016 deve essere approvata la nuova normativa che avrà il compito di recepire la direttiva europea sulla gestione collettiva dei diritti d’autore.
Una materia difficile e complicata rispetto alla quale in Parlamento non sembrano abbondare le competenze. La paura di D’Atri è che si arrivi a una normativa complicata e piena di paletti. “Ho già sentito girare alcune proposte molto arzigogolate, mentre ci sarebbe bisogno del contrario. Una legge snella che parta dagli interessi di artisti e autori che prenda in considerazione l’aspetto legale e quello del business”.
In Gran Bretagna, racconta, è stato inviato un questionario alle società che si occupano della gestione dei diritti con una cinquantina di domande. Poi ogni società è stata convocata più volte per approfondire le questioni. Il tutto in perfetta trasparenza con verbale delle riunioni. “E alla fine, noi che non siamo dei colossi, abbiamo visto che la legge ha recepito anche alcuni dei nostri suggerimenti”.
Quello che manca in Italia, insiste, “è la procedura”. In pratica si lavora di lobby e anche D’Atri confessa di essere “superficialmente vicino a qualche interlocutore politico”. Con la paura che la Siae possa muoversi in modo molto più pesante anche se la direttiva europea stabilisce il diritto a operare di società come Soundreef.
Nel frattempo anche sul mercato italiano dei diritti musicali qualcosa inizia a muoversi. “L’Italia rimane un mercato importante anche per editori americani o britannici che hanno più difficoltà a recuperare i soldi su certi mercati”. E poi anche fra gli artisti si fa strada l’idea di abbandonare mamma Siae. Il nome Davide d’Atri non lo rivela, ma a gennaio “un grandissimo artista” si affiderà a Soundreef.