Quella renziana di Anna Kuliscioff. Fermi tutti: è solo un gioco. Ma, a rileggere la socialista riformista più influente di inizio Novecento in Italia, si scopre che da visionarie e anticipatrici, quelle idee rischiano di diventare attuali: nessuno ci troverebbe niente da dire se fossero in un articolo del disegno di legge Boschi, contestate dalle opposizioni più o meno ribalde. Merito del fatto che accanto allo slancio ideale, manteneva un saldo legame con la realtà – e questa è una delle numerose lezioni -: con quel sistema elettorale, rifletteva, anche tornando alle urne 500 volte, il Parlamento che ne sarebbe uscito, sarebbe stato sempre lo stesso. E così le speranze di realizzare il programma socialista passavano da un riassetto istituzionale e dA una “riforma alla radice stessa dell’organo rappresentativo“.
La Kuliscioff, accanto al suffragio universale, proponeva lo scrutinio di lista provinciale e un sistema proporzionale. Combatteva il collegio uninominale con cui si componeva la Camera dello Stato liberale monarchico e voleva un sistema proporzionale come antidoto contro i feudi dei parlamentari e la corruzione. Parole, proposte che sembrano attuali, materia da talk-show dei giorni nostri. E’ solo un gioco, serve ribadirlo. A confronto sono due epoche lontane cent’anni e la Kuliscioff resta quella che è stata: una delle figure più coraggiose, autorevoli e per certi versi romantiche del socialismo italiano. Al fianco delle sue idee di riforma istituzionali restavano le battaglie contro l’aumento delle spese militari, a favore di un’istruzione popolare, di assicurazioni sociali (malattie, maternità, invalidità, vecchiaia), riforme fiscali per maggiore equità.
Il senso della sua vita è ora riassunto in una mostra che resterà aperta da oggi (inaugurazione alle 18) al 10 gennaio al Museo del Risorgimento di Milano. Un’esposizione che mette insieme la figura della Kuliscioff con quella di Angelica Balabanoff, una sorta di erede ideale, anche se con una storia tutta sua (e ugualmente appassionante). Anna Kuliscioff e Angelica Balabanoff: la guerra, l’emancipazione, il voto, promossa dal Comune e dalla Fondazione Anna Kuliscioff di Milano, raccoglie documenti, manoscritti, lettere, libri, fotografie, opuscoli e giornali d’epoca. “Non vuole essere solo un evento rievocativo – dice Walter Galbusera, presidente della fondazione Kuliscioff – ma uno strumento di conoscenza e approfondimento di un periodo storicamente importante per l’Italia: l’affermarsi del movimento socialista, l’entrata in guerra, il nascente movimento femminile, la richiesta del voto alle donne, l’avvento del fascismo”. Entrambe russe, ebree, di famiglia agiata, vent’anni di differenza, Kuliscioff e Balabanoff scelgono di lasciare la loro patria, allora sotto il regime zarista, per dedicarsi alla causa del socialismo: Anna, la dottora dei poveri, si dedica al socialismo riformista e alla causa del movimento femminile; Angelica, conosciuti Kuliscioff e Turati, si iscrive al Partito socialista impegnando tutta la sua vita, in Italia e all’estero, per questa causa. Completano l’esposizione un ciclo di conferenze e soprattutto una sezione dedicata ai lavori del disegnatore mantovano Giuseppe Scalarini, una vita spesa per l’anticapitalismo e l’antimilitarismo (Qui il programma completo della mostra).
Molti sanno della definizione che della Kuliscioff data da Antonio Labriola (“l’unico uomo del socialismo italiano”), altri ricordano il suo arresto avvenuto dopo le cannonate di Bava Beccaris insieme a Filippo Turati, Andrea Costa, Leonida Bissolati, repubblicani come Luigi De Andreis, anarchici come Pietro Gori, ma anche cattolici come il prete giornalista don Davide Albertario, quello che scrisse: “Il popolo vi ha chiesto pane, voi avete risposto piombo”. Qualcuno poi sa che fu sua, di Anna, una delle menti che elaborarono la legge che tutelò finalmente, all’alba del Novecento, il lavoro femminile e minorile. Qualcun altro avrà letto da qualche parte che la tesi con la quale a Padova si specializzò in ginecologia – sulla febbre puerperale – fu la miccia per trovare una risposta a una delle cause di morte post-parto.
Quasi tutti sanno infine degli sforzi della Kuliscioff per allargare il suffragio alle donne, obiettivo costante che la fece litigare nel Partito socialista e fin dentro il tinello di casa, con il compagno (di partito e di vita) Turati, perché bisognava andare per gradi e già era arduo conquistare il pieno suffragio per gli uomini: “Ogni giorno ha il suo compito” e “senza l’oggi non può spuntare il domani”, diceva Filippo. E invece per la Kuliscioff ottenere pari diritti per le donne era esattamente il motore, per lei c’era “un legame complementare tra riscatto femminile e costruzione del socialismo” come scrive il presidente della Fondazione Kuliscioff, Walter Galbusera, in una prefazione a alcuni scritti che saranno presentati insieme alla mostra.
Pochi, infine, sanno che esistono ancora la poltrona dove sedeva Anna, il telefono dal quale chiamava, il divano sul quale faceva accomodare intellettuali, amici, politici, sartine, giornalisti, uomini di cultura, povera gente, forse pazienti. Poltrona, divano, telefono si trovavano nello studio di Turati, che poi divenne una sorta di redazione di Critica Sociale, nel quale la Kuliscioff andò a stabilirsi dal 1891, al 23 di via Galleria Portici, a Milano, a due passi dal duomo. Alla mostra ci saranno anche quelli: un modo in più per rendere nitida, 90 anni dopo la fine di quella storia, una figura che per decenni e rimasta sfuocata nei libri di storia e nel racconto pubblico e che invece sta alle basi del percorso di progresso civile del Paese che non era nemmeno il suo e che forse, cent’anni dopo, una come lei – extracomunitaria e con un cognome falso – correrebbe ad additare per trascinarlao in questura.
Il programma completo della mostra “Anna Kuliscioff e Angelica Balabanoff”