Essere consapevoli di morire a causa di una terribile malattia come il mesotelioma pleurico comporta il diritto ad un risarcimento ulteriore oltre a quello liquidato per il decesso conseguente all’esposizione dell’amianto. Lo ha stabilito il giudice del lavoro di Genova, Giuliana Melandri, che ha condannato Ansaldo Energia a risarcire con oltre 600mila euro i familiari di un operaio, Giorgio C., deceduto nel maggio 2008 poco più di un anno dopo che gli era stata diagnosticata la malattia professionale. L’uomo aveva lavorato come calderaio in Ansaldo a Sampiedarena dai 30 ai 50 anni di età. Spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Barbara Storace che ha assistito la famiglia del lavoratore: “La sentenza riconosce, con un ragionamento innovativo, il diritto al risarcimento anche delle sofferenze patite in vita dall’operaio, che abbia la consapevolezza di essere condannato da una malattia che non lascia scampo e conduce ad una morte particolarmente dolorosa. La pronuncia del giudice riprende un orientamento consolidato della Cassazione che però nei tribunali genovesi fino ad ora non era stato mai accolto. Paradossalmente in questo caso la Cassazione esprime un orientamento più avanzato rispetto ai tribunali di merito. Di solito avviene l’opposto”.
La condanna arriva nonostante all’epoca dei fatti la legge che vieta l’utilizzo dell’amianto, del 1992, non fosse ancora entrata in vigore. Infatti, argomenta il giudice, “il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare di aver adottato tutti gli accorgimenti e i presidi preventivi imposti dalla legge all’epoca vigente per evitare, con una probabilità logica prossima alla certezza, l’insorgere della patologia e il conseguente decesso”. E osserva che “esistevano già prescrizioni di prevenzione delle malattie professionali”, di cui Ansaldo non tenne conto.
Ancora l’avvocato Storace: “Le leggi in materia di prevenzione delle malattie professionali risalgono alla fine dell’Ottocento e già negli anni Sessanta del Novecento era noto che l’amianto provocava malattie gravi come l’asbestosi”. Proprio a Genova dal 2008 si trascina un processo penale che aveva visto alla sbarra il direttore dell’ufficio Inail e alcuni funzionari accusati di aver fraudolentemente facilitato la concessione di pensioni per l’amianto a centinaia di lavoratori delle industrie cittadine, in prima battuta Italsider e Ansaldo. “La vicenda si è già conclusa con l’assoluzione in primo grado del direttore e in sede di udienza preliminare dei funzionari – puntualizza l’avvocato Storace – Come conseguenza indiretta del processo l’Inail aveva revocato la pensione per l’amianto a centinaia di lavoratori. La situazione era stata sanata successivamente per legge ma a tutt’oggi 94 lavoratori di Italsider e Ansaldo restano nel limbo, senza poter accedere al trattamento pensionistico per l’amianto e in molti casi si tratta di persone con contratti di solidarietà o in cassa integrazione o in mobilità”. La grave anomalia è stata denunciata anche dalla Cgil che rileva come in Liguria si siano registrati 2.745 morti dal 1994 ad oggi per mesotelioma (quasi venti all’anno a Genova) 349 dei quali erano dipendenti genovesi di Ilva o Ansaldo. Altri 381 lavoratori sono stati uccisi da tumori diversi dal mesotelioma ma comunque riferibili all’amianto.