“Il nostro mondo, segnato da guerre, violenze e diverse forme di ingiustizia, è testimone di un movimento migratorio di popoli senza precedenti. Il modo in cui affrontiamo tale fenomeno è una prova della nostra umanità, del nostro rispetto della dignità umana e, prima ancora, della nostra solidarietà con i fratelli e le sorelle nel bisogno”. Nel suo primo discorso in Uganda, seconda tappa dopo il Kenya del suo primo viaggio in Africa, Papa Francesco ha voluto subito rivolgere un appello in favore dei rifugiati. Parole importanti che Bergoglio ha rivolto al mondo intero, soprattutto all’Europa dopo l’invito ad accogliere in ogni parrocchia del vecchio continente almeno una famiglia di profughi.
Francesco ha iniziato da casa sua, dal Vaticano, dando l’esempio. Ma le reazioni al suo appello sono state sia abbastanza positive, come per esempio quella della Cei, sia negative come il parroco di Onzo, un paese di poche anime sulle alture di Albenga, don Angelo Chizzolini, che, secondo le ricostruzioni, avrebbe dichiarato: “Brucio la canonica piuttosto che darla ai migranti”. All’appello e ai gesti concreti di Bergoglio hanno fatto ecco le parole del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, che ha sottolineato che anche se “nella realtà attuale, c’è la spiacevole tendenza a considerare la religione come un fattore negativo che alimenta il conflitto, essa invece può offrire un contributo importante e positivo al processo di pace”.
Il porporato che è intervenuto alla giornata conclusiva del colloquio “Mediterraneo: una strada nel mare”, organizzato a Pozzallo in provincia di Ragusa, ha evidenziato che “la religione gioca un ruolo importante nel promuovere l’accettazione della realtà in continua evoluzione e con l’impegno a sviluppare il rispetto per persone di diversa provenienza, in particolare laddove gli effetti delle migrazioni sono più fortemente sentiti”. Secondo il porporato, infatti, “accrescendo il rispetto per la dignità di ogni singolo individuo, e favorendo l’unità del genere umano, la religione può aiutare lo Stato a contribuire alla progettazione responsabile e alla gestione pacifica del mondo globalizzato moderno”.
Eppure le stragi terroristiche di Parigi e il pericolo di possibili attentati in vista dell’imminente Giubileo non favoriscono il clima di accoglienza auspicato dal Papa. Bergoglio lo ha detto con estrema chiarezza: “Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su se stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto!”. Il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha rassicurato spiegando che “sul Giubileo non si torna indietro”. Un messaggio diverso avrebbe immediatamente suscitato un panico mondiale. Ma il rischio di aprire, anzi di spalancare, le porte anche ai terroristi resta.