Venticinque ospedali da chiudere, decine di posti letto da eliminare in meno di un mese. La Puglia si prepara ad un nuovo terremoto sanitario. Inevitabile per il governatore Michele Emiliano, per nulla disposto ad accettare l’ipotesi avanzata dal Governo Renzi alle Regioni di tassare ulteriormente i cittadini. “C’è una condizione generale per cui gli operatori della sanità non possono, ogni mattina, arrivare in sala operatoria o in infermeria e trovare la novità che il governo, siccome aveva problemi, ha dovuto tagliare questo o quell’altro, impedendo programmazione e, sopratutto alle Regioni del Mezzogiorno che sono quelle più in crisi, di programmare il recupero. Questo schema – ha continuato il presidente – non può funzionare. Quindi, visto che il governo taglia le tasse e alla Puglia ha tagliato 40milioni di euro dal riparto, non possiamo fare il giochetto che poi noi dobbiamo riaumentarle. Questa non è politica ma è permutazione“.
Quindi via gli ospedali che non funzionano a pieno regime, per mettere in sicurezza la sanità pugliese “costi quel che costi, anche a costo di non essere rieletti, anche a costo di insurrezioni locali, anche a costo di litigare con l’intero Consiglio regionale“. Emiliano ripartirà dal piano di riordino varato dal suo predecessore Nichi Vendola, molto contestato ai tempi. Più del 55% delle prestazioni dell’intera regione vengono espletate solo da 10 ospedali, poco più di uno per provincia. Quello per il governatore in carica è già una valutazione espressa dai cittadini che, preferendo una struttura ad un’altra, hanno definito priorità ed eccellenze, scartando gli ospedali non ritenuti all’altezza. Questa volta le dichiarazioni hanno ottenuto il crisma dell’ufficialità nell’incontro con i sindacati. Non ci saranno scelte calate dall’alto, ha tenuto a precisare Emiliano, non “un blitz ma una concertazione dati alla mano”.
Ciò che affligge maggiormente la Puglia – che chiuderà il 2015 con un deficit di 110 milioni di euro – è la spesa farmaceutica. Il superamento del budget, registrato ormai da tempo, non è stato ridotto nemmeno con la cura draconiana del Piano di rientro, che ha introdotto un euro per ogni ricetta: 119.591.404 di euro è lo scostamento rispetto ai limiti di spesa imposti dallo Stato nonostante i 18 milioni pagati dai cittadini con il ticket. A questo si aggiunge l’effetto sortito nei reparti dalla direttiva europea n.161 del 2014 che dal 25 novembre ha imposto al personale medico e infermieristico turni da 11 ore giornalieri, con un massimo di 48 ore settimanali. Mancano all’appello 900 camici bianchi nelle corsie per coprire il fabbisogno, ma le assunzioni – proprio in virtù del Piano di rientro – non si possono ancora fare, le deroghe del 2014 erano 525, di queste ne sono state espletate solo la metà. “Se ci convinciamo che l’ipotesi di lavoro è quella giusta, ci mettiamo a lavorare con la forza necessaria – ha concluso Emiliano – Io sono ottimista”. Non lo è il Movimento 5 Stelle che ha chiesto a Emiliano di dimettersi dalla carica di assessore alla Sanità che aveva deciso di avocare a sé sin da subito. “La Puglia ha bisogno di un assessore alla Sanità competente in materia – hanno dichiarato i pentastellati – Emiliano si dimetta, ha dimostrato di non essere in grado di gestire un ruolo tanto delicato per la Puglia”.