“Flessibilità per investimenti, flessibilità per i rifugiati, flessibilità per le riforme, che si aggiungono l’una all’altra: credo che l’Italia sia l’unico paese che sta chiedendo tutte le forme possibili di flessibilità. Dovrebbe essere usata come una eccezione, non come una regola. Per ragioni di credibilità“. A mettere in luce l’eccesso di disinvoltura nel chiedere a Bruxelles spazio di manovra sui conti pubblici è Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo. Che, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, mette i puntini sulle i facendo sembrare ottimistiche le esternazioni del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che pochi giorni fa ha dichiarato che i ministri delle Finanze dell’Eurozona valutano la legge di Stabilità dell’Italia “di fatto accettabile”. Giudizio di per sé non certo lusinghiero. Ma Dijsselbloem non concede nemmeno questo.
Secondo il ministro delle Finanze olandese e presidente del consiglio del Meccanismo europeo di stabilità, l’Italia “sta adottando molte riforme strutturali” ma “suscita alcune preoccupazioni. Prima di tutto l’elevato debito pubblico“. Inoltre, “nel rinviare il proprio giudizio alla primavera la Commissione europea ha posto un problema procedurale: la richiesta di flessibilità è giunta troppo tardi” e “c’è anche il nodo di quanta flessibilità la Commissione è pronta ad accordare”.
Ed è ancora tutto da vedere quale sarà la reazione dell’esecutivo Ue quando il governo Renzi ufficializzerà di voler sostituire in corsa la già delicata “clausola migranti” con una “clausola sicurezza” inventata ex novo dopo gli attentati di Parigi. E grazie alla quale il premier conta di finanziare in deficit un miliardo di interventi per polizia, cybersecurity e periferie e uno per la cultura. Con cui coprire tra l’altro il discusso bonus da 500 euro per le spese culturali dei neodiciottenni.
“La sicurezza è oggi una preoccupazione maggiore del rispetto a breve termine del patto di Stabilità”, ammette Dijsselbloem, ma “dobbiamo chiederci fino a che punto i due fenomeni siano in contraddizione. Negli ultimi anni, molti paesi hanno aumentato la spesa nella difesa, e malgrado ciò siamo riusciti a ridurre i deficit. In questo senso, mi sembra che l’approccio della Commissione europea sia saggio: un’analisi caso per caso ed ex post”. Come dire: la partita è ancora aperta.