Associazione e arruolamento con finalità di terrorismo, anche internazionale, sono le accuse a cui dovrà rispondere Alali Faowaw, 30 anni uno dei due siriani fermati a Orio al Serio il 18 novembre, mentre tentavano, con passaporti falsi, di imbarcarsi su un volo per Malta. La Procura di Bergano ha deciso che i due resteranno in isolamento come disposto dal giudice dopo la prima udienza e in vista della seconda, del 17 dicembre.
Ad aggravare la posizione del trentenne, una sua foto con la divisa dell’Isis, che si è rivelata uno degli elementi fondamentali per le nuove accuse. Secondo gli inquirenti, Faowaz era membro dell’esercito dello Stato Islamico, anche se lui ha giustificato l’immagine sostenendo che si trattava di una divisa da vigile urbano: “Ero un poliziotto che doveva presidiare un incrocio di Raqqa”, ha detto, spiegando che, quando il regime si è instaurato, bisognava iscriversi a specifiche liste per poter lavorare. L’altro arrestato, Alari Azma, 19 anni, aveva rigettato ogni accusa, e scoppiando in lacrime aveva raccontato: “Odio l’Isis: mio fratello era un soldato ed è rimasto ucciso. Come potrei sposare la causa che è stata all’origine della sua morte, che ha causato un così grande dolore a me e a mia madre?”.
La presenza di gravi indizi di colpevolezza e pericolo di fuga, si aggiungono all’indagine iniziale relativa al possesso di documenti falsi, che i due volevano usare per imbarcarsi su un volo per Malta.
Nei giorni scorsi un altro arresto simile è stato effettuato a Bardonecchia: un afgano di 22 anni è stato fermato alla frontiera italo-francese, su un treno Tgv della tratta Parigi-Milano, per il possesso di 23 schede sim e di telefonini su cui erano salvate foto di guerra in Siria e Iraq. Una delle immagini ritraeva due miliziani con sei teste appena tagliate. Il giovane è stato condotto al Cie di Torino.
Inizialmente il ragazzo era stato arrestato per ricettazione e in seguito scarcerato dal gip perché non è stato possibile accertare il reato. Il pm Andrea Padalino ha comunque disposto degli accertamenti. L’avvocato difensore d’ufficio, Andrea Battisti ha spiegato che il giovane “non è stato in grado di dire dove e come aveva trovato o acquistato i cellulari”. Il ventiduenne ha raccontato di avere vissuto dieci anni a Londra e avere deciso di trasferirsi a Roma per chiedere asilo politico. “Ero fuggito dal mio Paese – ha spiegato davanti al giudice – perché ho uno zio talebano e voleva obbligarmi a combattere”.