Il pontefice all'ultima tappa - quella ritenuta più pericolosa - del suo viaggio nel Continente. Alla cattedrale di Bangui, capitale di un paese martoriato dalla guerra, il gesto simbolico che dà inizio all'Anno Santo. Nuovo appello a "deporre le armi". "Una delle esigenze essenziali di questa vocazione alla perfezione è l’amore per i nemici"
Il “Giubileo delle periferie” di Papa Francesco inizia in Africa e non a Roma. La prima porta santa a essere aperta personalmente da Bergoglio è, infatti, quella della cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, ultima tappa, dopo il Kenya e l’Uganda, del primo viaggio del Papa nel continente nero. “Vengo come pellegrino di pace e mi presento come apostolo di speranza”, ha subito detto Francesco al suo arrivo a Bangui in un Paese che esce da una lunga e sanguinosa guerra civile e dove l’allarme attentati è altissimo. Ma il Papa non ha voluto rinunciare alla papamobile scoperta.
È la prima volta in assoluto nella storia della Chiesa cattolica che un Giubileo viene aperto fuori Roma. Un segno che Bergoglio ha voluto per “manifestare la vicinanza orante di tutta la Chiesa a questa nazione così afflitta e tormentata ed esortare tutti i centroafricani a essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione”. Nel suo discorso al presidente dello Stato di transizione della Repubblica Centrafricana il Papa ha sottolineato “l’importanza cruciale del comportamento e dell’amministrazione delle Autorità pubbliche. Queste dovrebbero essere le prime a incarnare con coerenza nella loro vita i valori dell’unità, della dignità e del lavoro, per essere modelli per i loro connazionali”.
Bergoglio ha chiesto di evitare “la tentazione della paura dell’altro, di ciò che non ci è familiare, di ciò che non appartiene al nostro gruppo etnico, alle nostre scelte politiche o alla nostra confessione religiosa”. Ma il Papa ha sottolineato anche che “chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa, invece di essere preoccupato per i privilegi, deve cercare di aiutare i più poveri ad accedere anch’essi a condizioni di vita rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale. Pertanto, l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, la lotta contro la malnutrizione e la lotta per garantire a tutti un’abitazione decente dovrebbe essere al primo posto di uno sviluppo attento alla dignità umana. In ultima analisi, la dignità dell’essere umano è di impegnarsi per la dignità dei suoi simili”.
Francesco, che ha voluto subito visitare un campo profughi, ha rivolto un appello alla comunità internazionale “a proseguire sempre più sulla strada della solidarietà, auspicando che la loro opera, unita all’azione delle Autorità centrafricane, aiuti il Paese a progredire soprattutto nella riconciliazione, nel disarmo, nel consolidamento della pace, nell’assistenza sanitaria e nella cultura di una sana amministrazione a tutti i livelli”. “Possa il popolo centrafricano, come anche i suoi dirigenti e tutti i suoi partner, apprezzare il vero valore di questi benefici, lavorando incessantemente per l’unità, la dignità umana e la pace fondata sulla giustizia”.
Dopo aver aperto la porta santa della cattedrale di Bangui il Papa ha affermato: “A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace”. Nella sua omelia Bergoglio ha sottolineato che “dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Una delle esigenze essenziali di questa vocazione alla perfezione è l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine. Gesù ha tenuto a insistere su questo aspetto particolare della testimonianza cristiana. Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia”.
Per Francesco, infatti, “dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è amore”. “Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore”.
Twitter: @FrancescoGrana