La protesta dell'industria di settore e dei sindacati: "Importi sono tutti drammaticamente al di sotto del costo del lavoro" e "impossibile creare la qualità richiesta dai cittadini e dalle imprese"
Il “cambiamento” di Poste Italiane passa per il taglio dei costi dei fornitori. A partire da quattro gare per i contact center che hanno fatto gridare allo scandalo l’associazione degli industriali del settore e i sindacati. “La prima fase di assegnazione dei lotti ha evidenziato che gli importi offerti sono tutti drammaticamente al di sotto del costo del lavoro, arrivando a toccare la cifra record di 0,296 centesimi per minuto di chiamata”, come ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Michele Azzola, il segretario nazionale Slc Cgil, che ha chiesto all’Anac di aprire un’indagine.
Secondo il sindacato, le gare, vinte da System house, E-Care, 3G e Contact center sud (CCS), scontano infatti un ribasso vicino al 30% rispetto al prezzo di mercato (circa 0,42 centesimi) e difficilmente potranno ripagare il costo del lavoro. “Questi prezzi non sono sostenibili”, prosegue il sindacalista che parla di una vera e propria “istigazione a delinquere”. “In questo modo, mentre il governo sta introducendo norme per evitare tali situazioni, un’azienda pubblica devasta un intero settore escludendo tutte le imprese strutturate che hanno, comunque, offerto importi non in grado di garantire stabilità economica della commessa”, conclude il sindacalista che ricorda ci siano state aziende costrette a chiudere dopo aver vinto commesse a prezzi stracciati. E’ accaduto, ad esempio, alla Infocontact, che in passato era il più grande fornitore delle Poste e che, a causa dei progressivi ribassi dei prezzi, ha smesso di pagare contributi e stipendi per poi chiudere definitivamente i battenti ed essere venduta alla società rivale Abramo.
La visione del sindacato è pienamente condivisa da Assocontact, l’associazione che riunisce le società dei contact center in conto terzi. “La gara per il Contact Center Poste, dove i livelli economici dei prevalenti contratti nazionali di categoria esistenti sono stati manifestamente violati, dimostra inequivocabilmente le storture di un sistema Italia malato – spiega una nota dell’associazione presieduta da Roberto Boggio – Impossibile creare la qualità richiesta dai cittadini e dalle imprese in questo contesto di incerte regole di concorrenza di mercato”.
Non è la prima volta del resto che l’industria dei call center si scontra con le gare all’ultimo ribasso indette persino dai comuni. Il caso più eclatante si è verificato a Roma per il centralino della Capitale. Anche in quella occasione gli industriali e il sindacato si sono fatti sentire senza però riuscire a smuovere realmente le acque. Per questa ragione, dopo il caso dell’azienda pubblica Poste, Assocontact rinnova l’invito all’applicazione “delle regole previste dalle leggi e dai contratti” e domanda al ministero dello Sviluppo economico “un’accelerata al tavolo Mise ed ai progetti di investimento sull’evoluzione tecnologica e sulle riconversioni nel settore”. La parola passa ora al governo e all’Anac chiamata a verificare se ci sono gli elementi per aprire effettivamente un’indagine su Poste che, intanto, ha fatto i suoi conti con i risparmi dei contact center.