Ho avuto il piacere di presentare l’ultimo libro di Michela Marzano, intitolato Papà, Mamma e Gender (Utet, 2015) al Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, sabato scorso a Roma. L’opera nasce da una considerazione – la profonda spaccatura tra due visioni della società, tra spiriti relativisti e fronte antigay – e dall’analisi di una paura: quella della deviazione della nostra prole a partire dalla loro educazione. Michela Marzano, insegnante universitaria a Parigi, deputata del Pd e donna eterosessuale e cattolica, parte da una considerazione complessiva: quanto c’è di vero dietro la campagna montata sul cosiddetto “gender”?
Per affrontare l’argomento, Marzano denuncia in primo luogo le contraddizioni insite nel discorso messo in campo dal fronte contrario, che si configura sempre più come realtà omofoba. La prima, tra tutte: se siamo d’accordo sulla fine delle discriminazioni, dobbiamo porre le diverse sessualità sullo stesso piano. Ne consegue che cade di per sé l’obiezione sul fatto che si vuole sdoganare l’omosessualità: «Lottare contro le discriminazioni» si legge nel libro «significa innanzi tutto smetterla di pensare che esista un orientamento sessuale “buono” e un orientamento sessuale “cattivo”». Le sessualità non normative, in altri termini, non vanno “sdoganate”: più semplicemente, vanno riconosciute.
Punta poi l’attenzione sul linguaggio utilizzato per la narrazione del fenomeno. Molto spesso si sente utilizzare dai leader del fronte opposto e dai loro sostenitori, parole come “gaystapo” soprattutto quando si affronta il delicato argomento sulle discriminazioni a scuola. Non solo, in quel termine, c’è un insulto verso le persone Lgbt – quel nomignolo richiama al nazismo e migliaia di gay e lesbiche vennero sterminati nei lager – ma si confonde volutamente la lotta all’omofobia nelle nostre aule per una sorta di violenza contro insegnanti e allievi. E così non è.
Svela, infine, Marzano il corto circuito logico su cui si basano stereotipi e pregiudizi e oppone l’argomentazione (e quindi il ragionamento) allo schema precostituito. Perché pensare è faticoso, ci suggerisce, ma è l’unica cosa che va fatta per sconfiggere certi fanatismi.
Per portare avanti questo triplice filone, si affrontano – in un testo dalla lettura scorrevole, limpida e pur densa di stimoli intellettuali – le tematiche della pluralità delle famiglie, del rispetto della diversità, della violenza insita negli stereotipi di genere: quelle gabbie mentali, per fare due soli esempi, che ci suggeriscono in modo acritico che una ragazza non potrà mai fare il camionista (perché è cosa da uomini) e che per un ragazzo è sconveniente prendere lezioni di danza, se vuole mantenere integra la sua mascolinità. Stereotipi che poi inducono il “maschio” a considerare la donna non soggetto dotato di autonomia esistenziale, ma soggetto destinato al possesso. Il suo. E ciò va evitato, in una società che vuole essere pienamente egualitaria.
Affronta, ancora, la differenza tra “identità” e “uguaglianza”. Volere un’educazione di genere, basata sul rispetto tra ragazzi e ragazze e sull’accoglienza delle diversità, anche sessuali, non significa voler abbattere l’identità di cui siamo portatori e portatrici, ma è prendere posizione rispetto a valori imprescindibili. Uomo è donna sono sì biologicamente diversi (hanno, cioè, caratteristiche distinte), ma nell’accesso ai diritti sono uguali. Lo dice anche la Costituzione. Le associazioni quali Manif pour tous, Provita, ecc, sembrano invece far confusione tra questi due elementi. Se per ignoranza o volutamente, è poi da capire.
Eppure, di fronte a questi elementi di verità – verità fatta dall’osservazione del reale e non da certezze precostituite – Marzano non è mai assoluta, perentoria. Si fa molte domande, nel suo libro. E le restituisce a noi. Non fornisce soluzioni facili, ma si interroga e ci interroga di fronte a temi cruciali per la società contemporanea. Fino ad arrivare, nel cuore del libro, a una narrazione più privata, intima: come se volesse dischiudere la propria umanità rispetto ad un tema che, per come viene trattato, tende a disumanizzare le differenze e chi ne è testimone. E questo, credo, è il suo punto di forza. Si mette in gioco, Michela Marzano, e lo fa senza paura. E si mette a nudo, con il pudore di chi sa perché ha vissuto. Il resto va valutato secondo le emozioni e i saperi che riuscirete a trovare leggendo Papà, Mamma e Gender.