Se il decreto salva-banche non verrà modificato in sede di conversione le categorie di investitori che hanno subìto l’azzeramento del capitale non riceveranno alcuna forma di indennizzo al contrario degli istituti che hanno anticipato i soldi. Incertezza e opacità, intanto, sulle valutazioni delle attività e passività delle quattro banche "salvate"
La Camera ha respinto le questioni pregiudiziali poste dalle opposizioni sul cosiddetto decreto salva-banche, ma il caso è lungi dall’essere chiuso perché la questione della tutela dei risparmiatori che in questi giorni hanno perso l’intero capitale è estremamente concreta, riguarda migliaia di famiglie e rischia di avere effetti dirompenti sulla fiducia nel sistema bancario. Il meccanismo di risoluzione adottato per risolvere la crisi di Banca delle Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti non prevede al momento alcun tipo di compensazione né per i titolari di obbligazioni subordinate che si sono visti azzerare da un giorno con l’altro il capitale investito, né tantomeno per gli azionisti delle quattro banche. Interpellata in merito, la Banca d’Italia ha precisato che eventuali plusvalenze generate dalla cessione dei crediti in capo alla bad bank andranno a beneficio della bad bank stessa e del Fondo di risoluzione che, dopo aver restituito i finanziamenti ricevuti, destinerà l’eventuale residuo alle attività istituzionali.
Dunque, qualora il decreto salva-banche non venga modificato in sede di conversione (cosa che sembra altamente improbabile vista l’intenzione del governo di inserirlo nella legge di Stabilità), le categorie di investitori che hanno subìto l’azzeramento del capitale non riceveranno alcuna forma di indennizzo, a differenza delle banche che partecipano al salvataggio e che – proprio grazie a un emendamento del governo alla stessa manovra – vedrebbero invece aumentare dal 96 al 100% la deducibilità Ires degli interessi passivi.
Sul fronte della trasparenza della procedura c’è ancora molto da fare: al momento le valutazioni sulle attività e passività delle quattro banche sono state fatte in via provvisoria dall’Autorità di risoluzione, ossia dalla Banca d’Italia, che ha stabilito il valore dei rami aziendali ceduti alle banche-ponte e quello dei crediti in sofferenza conferiti alla bad bank. Una seconda valutazione, sempre provvisoria, ha stimato il valore delle banche nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa “al fine di verificare che il trattamento riservato ad azionisti e creditori subordinati non sia peggiore rispetto a quello che avrebbero ottenuto in caso di liquidazione coatta”.
Ma si tratta appunto ancora di valutazioni provvisorie effettuate dalla stessa Autorità di risoluzione. Da Via Nazionale informano che nei prossimi giorni verranno affidate a soggetti indipendenti le valutazioni definitive, ma ancora non sono stati stabiliti i criteri di selezione di questi soggetti. Verosimilmente si tratterà di società di revisione, con il rischio – piuttosto elevato – di conflitti d’interesse e di scarsa terzietà, dato anche l’asfittico panorama italiano dove girano sempre le solite società e i soliti revisori. Sembra certo, invece, che per il conferimento dell’incarico verrà bandita una gara.
Resta tuttavia da capire cosa accadrà qualora le valutazioni indipendenti risultassero difformi rispetto a quelle provvisorie: è questo un punto particolarmente delicato e già sollevato all’indomani del varo del decreto salva-banche da diversi azionisti e obbligazionisti, tra cui anche molte Fondazioni bancarie, secondo cui le valutazioni effettuate dall’Autorità di risoluzione sono eccessivamente penalizzanti. Se questo giudizio venisse confermato dalle valutazioni indipendenti si porrà il problema di compensare azionisti e obbligazionisti, ma ancora non si sa come, in che forme e con quali tempi e ciò è piuttosto paradossale a fronte di una procedura che chiede invece agli investitori e ai depositanti di farsi carico da subito e in prima persona del salvataggio delle banche in crisi. Mancano insomma certezze sulle tutele sia per quanto riguarda i salvataggi in corso, sia eventuali nuove procedure.
A questo punto l’unica via percorribile dai piccoli risparmiatori pare quella dell’azione giudiziaria: “Si tratta per lo più di persone con età elevata – ha dichiarato il presidente di Federconsumatori Arezzo – che hanno investito il proprio Tfr o i risparmi della pensione. Noi chiediamo loro i documenti relativi alle obbligazioni per ricostruire ogni singola posizione. Si tratta di una situazione estremamente preoccupante dal momento che la banca (Popolare Etruria, ndr) ha venduto titoli subordinati ad una vastissima platea”. Lo stesso dicasi per le altre tre banche. Una questione quella del collocamento dei titoli che non chiama in causa solo la dirigenza degli istituti di credito, ma anche le autorità di controllo (Consob e Banca d’Italia) che avrebbero dovuto vigilare anziché chiudere tutti e due gli occhi come hanno invece fatto.