Cuba

Secondo il Wwf, fonte davvero poco sospettabile di “filocastrismo”, Cuba rappresentava, nel 2006,  l’unico Paese al mondo a soddisfare entrambi i criteri previsti per l’accertamento della sostenibilità di un dato sistema. I criteri in questione sono i seguenti. Da un lato lo sviluppo umano deve essere superiore allo 0,8, mentre dall’altro l’impronta biologica delle attività umane deve essere inferiore all’ 1,8.

Secondo i dati contenuti nel Living Planet Report, redatto annualmente dalla prestigiosa organizzazione ambientalista, Cuba presentava nel 2006 al tempo stesso un indice dello sviluppo umano pari a 0,82 e un’impronta biologica pari a 1,5. Nel 2012 l’impronta biologica era salita all’1,9, mentre, secondo gli ultimi dati disponibili relativi allo sviluppo umano, che risalgono al 2013, l’indice dello sviluppo umano era pari a 0,815. Si tratta di variazioni poco significative e tale evoluzione conferma il valore esemplare dell’esperienza cubana, attestato, fra l’altro, dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Pnud).

Ciò costituisce il risultato delle politiche di pianificazione sociale ed ambientale promosse ed attuate nel quadro del sistema socialista cubano, che richiedono un controllo penetrante delle attività economiche e consentono la soddisfazione dei diritti sociali. Un sistema davvero atipico nel presente contesto mondiale purtroppo ancora dominato dal turbocapitalismo neoliberista, sebbene quest’ultimo sia in crescente crisi e si riveli sempre meno capace di soddisfare i bisogni umani fondamentali.

La questione ambientale, in particolare, sta diventando sempre più inquietante e determinante. Tutti gli occhi sono rivolti a Parigi e alla Conferenza mondiale sul clima, ma, alla luce degli scarsi risultati raggiunti dalla comunità internazionale in precedenza, lo scetticismo è più che giustificato. Tanto più che il governo francese ha strumentalizzato le recenti stragi terroristiche per vietare lo svolgimento della marcia. Un segnale inquietante, che conferma come la limitazione dei diritti democratici, il degrado ambientale e sociale e la crescita delle guerre e del terrorismo costituiscano tendenze che marciano di pari passo verso l’estinzione dell’umanità o quantomeno la fine della civiltà.

La situazione ambientale mondiale si presenta d’altronde sempre più compromessa. Dalle morti premature per inquinamento in Italia ai disastri ambientali in Brasile, dove mi trovo attualmente, ovunque è sotto accusa un sistema politico che lascia carta bianca alle imprese, senza neanche introdurre blandi controlli. In Italia il governo Renzi sta smantellando molte normative ambientali, forse nell’ingenua illusione di poter in tal modo agevolare la ripresa economica che non arriva, ma, più probabilmente, nella salda certezza che conviene sempre e comunque appoggiare i poteri forti.

I dati che provengono da Cuba dimostrano invece come sia possibile combinare sviluppo umano e salvaguardia ambientale. Un piccolo Paese, soggetto da oltre cinquant’anni a un blocco economico e povero di materie prime, può dare una lezione di sostenibilità a tutti, dai paesi industrializzati, che hanno in buona parte distrutto la natura propria e di molti altri Paesi, alla Cina, che continua a registrare livelli elevati di inquinamento nonostante i passi avanti compiuti di recente, ai paesi latinoamericani, che continuano a praticare forme eccessive di estrattivismo con costi ambientali e sociali elevati.

Oggi sono in molti a temere che il recente disgelo fra Cuba e Stati Uniti possa preludere a un arrivo in massa di capitalisti più o meno selvaggi sull’isola. Il pericolo oggettivamente esiste. Ma bisogna essere fiduciosi nella capacità del popolo e del governo cubano di tenere sotto controllo anche questo processo di apertura, ricavando i dovuti benefici dallo scambio economico senza buttare a mare le conquiste realizzate in oltre cinquant’anni di socialismo.

Tutti gli Stati, a prescindere dalla loro collocazione geopolitica e dal loro livello di sviluppo, dovrebbero invece riflettere sull’elementare verità affermata da questa esperienza, e cioè che è possibile coniugare livelli soddisfacenti di benessere sociale e la tutela della natura solo esercitando un controllo ferreo sulle attività economiche, restituendo in tal modo ai popoli, mediante le loro rappresentanze politiche, il diritto a guidare lo sviluppo dell’economia e della società verso mete effettivamente condivise, che prescindono ovviamente dalle bulimiche ansie di profitto degli attuali playmaker dell´economia e della politica mondiale. Quali forze politiche italiane sono oggi in grado di fornire una risposta convincente su questo piano?

 

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