In Siria come in Kosovo è conosciuto come “il macellaio”, nome che si è guadagnato sul campo di battaglia al fianco del califfo nero al-Baghdadi per la sua ferocia e il disprezzo della vita umana.
Il nome di Lavdrim Muhaxheri è tornato di attualità oggi in seguito all’operazione Van Damme che fra Pristina, capitale della turbolenta ex provincia della Serbia, e Lombardia e Veneto ha visto finire in manette quattro persone accusate di terrorismo internazionale e legami con Daesh in Siria.
Secondo l’intelligence, Muhaxheri è uno dei comandanti più temibili delle milizie islamiche, capo e punto di riferimento della brigata balcanica dell’Isis. E’ stato dato per morto in combattimento più di una volta, ma puntualmente il suo faccione è sempre risbucato nei macabri video nei quali lo Stato islamico mostra le esecuzioni di infedeli e prigionieri.
L’ultimo in ordine temporale è di questa estate e Muhaxheri, in splendida forma, processa sommariamente un militare dell’esercito di Assad legato a un albero, reo, secondo lui, di “aver ucciso con un bazooka due fratelli”.
A Daesh vige la legge del taglione, così il “giudice” si trasforma in comandante del plotone di esecuzione e imbracciato un Rpg, si allontana una ventina di metri e spara una granata. Mancandolo. Poco importa perché il malcapitato verrà finito subito dopo con alcuni colpi di kalashnikov. “Avete visto che fine ha fatto questo cane? – minaccia il kosovaro in favore di telecamera – E’ la stessa che farete tutti voi”.
Muhaxheri è originario di Kacanik, un paese da 30mila anime nel Kosovo meridionale quasi al confine con la Macedonia. Le autorità di Pristina segnalano la cittadina come una delle centrali di arruolamento jihadista nel cuore dell’Europa.
Il luogo è stato al centro di un servizio delle Iene di qualche settimana fa, quando Luigi Pelazza e Osvaldo Verri si sono messi sulle tracce dei familiari del macellaio dei Balcani. E quello che i fratelli di Lavdrim raccontano ha dell’incredibile: “La polizia? Non è mai venuto a cercarlo a casa”. Al bar del paese tutti lo conoscono e il suo nome incute un misto di rispetto e paura. “Fra 20 anni il suo nome verrà ricordato qui”, dice orgoglioso un compaesano.
Secondo fonti qualificate, Muhaxheri è solito ritornare in Kosovo perché oltre al capo militare uno dei suoi compiti è il reclutatore e Kacanik è uno dei posti ideali per arruolare i giovani da portare in Siria e Iraq. Ma anche il Lombardo-veneto, come ha dimostrato l’inchiesta Van Damme.