Dietro il rogo doloso di tre auto, l’ombra della camorra. L’incendio divampato nella notte a Scauri (in provincia di Latina) potrebbe essere un atto intimidatorio nei confronti del pm Pierpaolo Filippelli, da anni in prima linea nella lotta ai clan della Campania e dal 21 novembre procuratore aggiunto a Torre Annunziata. In via Benedetto Croce le fiamme hanno distrutto la Citroen C3 di un appuntato dei carabinieri in servizio nella frazione di Lauro di Sessa, nel nord Casertano e danneggiano altre due auto, fra cui la Renault Clio della sorella e della madre del magistrato. Gli inquirenti non escludono alcuna pista, anche perché la Clio era spesso utilizzata dal pm, componente della giunta napoletana dell’Associazione Nazionale Magistrati, che già in passato ha ricevuto minacce dai boss locali. Ma si indaga anche su un possibile attentato ai danni del militare.
Le indagini sull’incendio
L’incendio è divampato intorno alle 3.30. Nel corso dei primi prelievi di vigili del fuoco e carabinieri, è stata trovata una bottiglia semivuota contenente liquido infiammabile. Nessun dubbio, dunque, sul dolo. Si è subito pensato che il messaggio fosse diretto al carabiniere, proprietario di una delle auto, se non fosse che una delle auto parcheggiate – la Clio, appunto – appartiene alla sorella e alla madre del pm, che abitano vicino. Lo stesso magistrato utilizza quella vettura, secondo alcune fonti: una circostanza che secondo gli investigatori merita un approfondimento. Del caso si occupano ora i carabinieri di Formia e di Scauri, coordinati dal capitano David Pirrera. Gli inquirenti non escludono che possa essersi trattato di una vendetta o un avvertimento della camorra. Si continua, comunque, a indagare anche sul lavoro e sulla vita privata del carabiniere in servizio nel nord del Casertano. Perché anche in questo caso dietro quelle fiamme potrebbe esserci la mano della camorra anche se, secondo le prime ricostruzioni, l’appuntato non era impegnato in nessuna indagine “a rischio”.
L’impegno del pm nella lotta alla camorra
Pierpaolo Filippelli, originario di Minturno, è procuratore aggiunto a Torre Annunziata dopo essere stato indicato dal Csm “per esperienza e numero di inchieste” condotte alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Già in passato ha ricevuto minacce di morte dai boss della camorra. Tanto emerse da un’intercettazione del 2007, nella quale il boss di Ercolano Alfio Papale (in carcere al 41 bis), lo indicò tra le persone di cui sbarazzarsi. Di recente ha chiuso l’inchiesta-bis sull’omicidio di Natale Scarpa. È stato proprio Filippelli a firmare il decreto ripercorrendo tutta la vicenda. Da quando cioè Valentino Gionta junior, all’epoca 14enne, fece uno scherzo di Carnevale tirando un uovo contro l’anziano boss rivale Natale Scarpa, detto Zì Natalino, uno dei capi del clan Gallo-Cavalieri. Quest’ultimo reagì schiaffeggiando il figlio di Aldo Gionta, il boss dei Valentini. La vendetta per quel ceffone si consumò il 16 agosto 2006, nel piazzale dello stadio Giraud di Torre Annunziata. Il magistrato ha indicato proprio Gionta, il boss poeta, come il mandante che assoldò – secondo la Procura – cinque esecutori materiali.
L’Anm: “Prima capire, ma fatto inquietante”
“Dobbiamo capire la dinamica dei fatti, per non creare allarmismo – dichiara a ilfattoquotidiano.it Monica Amirante, presidente della sezione distrettuale di Napoli dell’Anm. “Da quanto abbiamo finora appreso gli inquirenti non hanno escluso alcuna pista – dice – neppure che l’obiettivo fosse l’auto del carabinieri. Fatto ugualmente grave e inquietante, ma comunque diverso”. Il presidente della sezione è prudente, anche nel rispetto per il collega, in queste ore impegnato nel suo lavoro e ascoltato dalle forze dell’ordine.