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Guantanamo, 13 anni in cella per errore. Usa: “Non era un membro di Al Qaeda”

Il Governo americano ammette lo sbaglio. Mustafa al-Aziz al-Shamiri, yemenita di 37anni, ha passato 4.745 giorni dietro le sbarre per uno scambio d'identità, finché il comitato governativo che si occupa di monitorare i detenuti non si è accorto del "fraintendimento"

Tredici anni passati in carcere per errore: 4.745 giorni dietro le sbarre per uno scambio d’identità. E’ successo a Mustafa al-Aziz al-Shamiri, vittima di un fraintendimento che l’ha portato nelle celle del carcere militare di Guantanamo, fin quando qualcuno non si è accorto dello sbaglio.

L’uomo, 37enne di nazionalità yemenita, era sospettato di essere un membro importante di Al Qaeda e non soltanto un semplice combattente islamico. Per questo motivo nel 2002 era stato arrestato. Ad ammettere l’errore sono state le stesse autorità statunitensi, spiegando che è stata fatta confusione sul suo nome. A portare alla luce l’errore sono stati i documenti prodotti per il comitato governativo Periodic Review Board, che si occupa di decidere se alcuni detenuti possono essere rilasciati al fine di ridurre il numero di prigionieri nel carcere di massima sicurezza. Sul documento riguardante Mustafa si legge: “Mustafa Abd-al-Qawi Abd-al-Aziz al-Shamiri, ha combattuto nelle fila jihadiste associate ai membri di Al Qaeda in Afganistan” svolgendo funzioni di addestratore e corriere del gruppo terrorista. Subito dopo però, il comitato scrive: “Crediamo che tutte queste attività siano state svolte da estremisti noti con nomi o alias simili“, non ci sono prove, continua il report “del coinvolgimento in queste azioni di Mustafa Abd-al-Qawi”.

Il Periodic Review Board dovrà adesso decidere se rilasciarlo o no. Mustafa è solo uno dei 107 detenuti che ancora si trovano nel carcere di Guantanamo, al centro delle ultime battaglie di Obama. Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, ha più volte dichiarato di voler chiudere la struttura: una delle promesse fatte in campana elettorale che Obama vorrebbe realizzare prima della fine del suo secondo mandato presidenziale. Il blocco che impedisce però la chiusura del carcere è legato ai costi che questo comporterebbe: per allestire negli Usa le adeguate strutture penitenziarie per accogliere i detenuti del supercarcere nella baia di Cuba, servirebbe oltre mezzo miliardo di dollari.