di Velia Addonizio *
I contratti a progetto non ci sono più: a partire dal 25 giugno di quest’anno non esiste più la possibilità di stipulare un contratto a progetto mentre restano in vigore, fino al loro compimento, quei contratti conclusi prima di detta data. Il jobs act dice che i contratti a progetto sono “superati”; restano tuttavia in vigore le collaborazioni coordinate e continuative (art. 52 d.lgs. n. 81 del 2015).
Secondo la riforma le collaborazioni, poi, si distinguono in due diverse categorie: le collaborazioni “coordinate” e le collaborazioni “organizzate”. Le prime permangono nell’alveo dell’autonomia e della parasubordinazione, le seconde a partire dal 1° gennaio 2016 sono equiparate al lavoro subordinato e per esse devono valere le medesime regole e i medesimi trattamenti applicati ai lavoratori dipendenti, subordinati. Ciò significa che anche i collaboratori etero-organizzati andranno ricompresi nel calcolo del numero dell’organico del datore di lavoro; che sarà estesa la previdenza (malattia, infortuni, maternità, cassa integrazione, indennità di disoccupazione Naspi e Asdi (solo per citare i principali istituti); che spetteranno loro le ferie, che potrebbero godere di Rol (riduzione orario di lavoro), permessi retribuiti, tredicesima e quattordicesima mensilità, del Trattamento di fine rapporto, se i contratti collettivi estenderanno la loro efficacia anche a tali collaborazioni.
Per godere degli stessi diritti e dei medesimi doveri di un lavoratore dipendente, il futuro collaboratore dovrà prestare la sua opera in maniera esclusivamente personale e continuativa, con modalità di esecuzione organizzate dal committente (datore di lavoro), anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro; dovrà, in pratica, prestare il suo lavoro in una condizione di “soggezione organizzativa” al suo datore di lavoro-committente.
Gli effetti di tale inclusione dei collaboratori etero-organizzati nelle tutele del lavoro dipendente non possono essere misurati oggi, ciò che ora è necessario e rilevante chiarire riguarda l’individuazione dei criteri di differenziazione tra una “collaborazione coordinata” ed una “collaborazione organizzata”, vista la sostanziale diversità di trattamento retributivo e normativo che il legislatore riserva alle due figure lavorative.
Se lavoro fornendo un’attività in modo esclusivamente personale, senza avvalermi di nessun altro, presso un determinato luogo non scelto autonomamente, con un’organizzazione totalmente predisposta dal committente, con orari prefissati sempre dal datore di lavoro, avrò diritto al medesimo trattamento riservato ai lavoratori dipendenti.
Viceversa se la prestazione di lavoro coordinato è prevalentemente, ma non esclusivamente, personale, cioè se si coinvolgono anche propri collaboratori in misura comunque inferiore e limitata, si resta nel campo del lavoro parasubordinato/autonomo.
Non rientrano, comunque nella categoria delle “collaborazioni organizzate” e, dunque, non potranno essere equiparate alle prestazioni di lavoro dipendente le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali occorre l’iscrizione ad albi professioni; così come sono escluse le attività di amministrazione e controllo delle società e le attività di partecipazione a collegi e commissioni. Non sono considerate “collaborazioni organizzate” neppure quelle prestate in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche. Infine i contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi potranno prevedere di escludere che talune specifiche collaborazioni non rientrano tra quelle equiparabili al lavoro dipendente, in ragione di particolari esigenze produttive ed organizzative.
In conclusione a partire dal 1° gennaio 2016 non basterà la vecchia lettera di assunzione per sapere e capire di essere stati assunti come dipendenti e quali sono i nostri diritti e doveri, quali leggi regolano il nostro rapporto di lavoro. A partire dal prossimo anno varrà la pena di sapere e capire se abbiamo una “collaborazione organizzata” e se questa non è tra quelle escluse dal beneficio della equiparazione al lavoro dipendente.
Come dicono gli scout: buona caccia!
* Sono avvocato giuslavorista ed esercito a Milano, sempre pro lavoratori. Se potessi fare riferimento ad una citazione per presentarmi riporterei il brano di J.K. Ingram, economista e poeta nato in Irlanda nel 1823, che si intitola Address on work and the workman (1880): “La prospettiva in cui gli economisti… considerano abitualmente la posizione del lavoratore è molto limitata e quindi è falsa. Si parla di lavoro come se si trattasse di un’entità indipendente, che si può scindere dalla persona del lavoratore. Esso viene trattato come una merce, come grano o cotone, mentre la componente umana, i bisogni umani, la natura umana ed i sentimenti umani vengono quasi completamente ignorati”.