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Brian Eno e Yanis Varoufakis, quando due amici s’incontrano per parlare di arte ed economia: tra ritorno del vinile e reddito minimo

Una lunga amicizia quella tra le due icone antisistema che incrocia sentimenti privati, passioni artistiche comuni, idealità politiche dell’oggi, e concerti degli U2 vissuti tra le prime file di folla. I due si sono dati appuntamento nello studio di registrazione nella zona ovest di Londra dell’ex Roxy Music, chiamando un corrispondente e un fotografo del quotidiano inglese The Guardian ad immortalare l’evento

di Davide Turrini

Il musicista anticonformista e l’economista ribelle. Entrambi “attivisti” nella riflessione e dell’intelletto. Con il primo che dice al secondo: “Voi economisti siete diventati più “showbiz” delle popstar”. C’è aria di festa e di simpatico sfottò tra Brian Eno, 67 anni da Woodbridge, e Yanis Varoufakis, 54 da Atene, tanto da darsi appuntamento nello studio di registrazione nella zona ovest di Londra dell’ex Roxy Music, chiamando un corrispondente e un fotografo del quotidiano inglese The Guardian ad immortalare l’evento. Una lunga amicizia quella tra le due icone antisistema che incrocia sentimenti privati, passioni artistiche comuni, idealità politiche dell’oggi, e concerti degli U2 vissuti tra le prime file di folla.

Come del resto tra il serioso uomo in giubbotto di pelle e l’elegante compositore tutto in blu dopo i trascorsi “piumati” e “leopardati” anni settanta, ne è venuta fuori una lunga chiacchierata che ha spaziato dall’arte in tempi di crisi al reddito minimo, dall’importanza del vinile a come la tecnologia stia cancellando posti di lavoro. Pelate primordiali per entrambi, come diversi i punti in comune a livello politico: la recente critica verso il moloch americano – Eno non più di un anno fa con una lettera aperta criticò gli Usa e il loro supporto al teocratico stato d’Israele, Varoufakis ha dedicato lunghi pamphlet contro il paese che ha dato origine al “minotauro” globale (per l’Italia l’omonimo saggio per le edizioni Asterios); e qualche ‘speranzina’ riposta nella nuova svolta a sinistra incarnata dal novello Robin Hood labour, Jeremy Corbin.

“Lo sai che nell’ultimo numero della rivista Prospect hanno elencato i 50 personaggi pubblici più popolari al mondo e 17 erano economisti? Tu eri uno di loro. Gli artisti lo erano una volta. Ora non lo sono più”, ha spiegato Brian all’amico Yanis che, negli ultimi mesi, dopo il suo ‘licenziamento’ dal ruolo di ministro delle finanze nel governo dell’ex compagno Tsipras è diventato protagonista mediatico visitando decine di campus, auditorium, piazze, e anche diverse trasmissioni tv. “Quando c’è un terremoto i sismologi diventano importanti”, ha risposto in modo piuttosto compassato Varoufakis. “Ora viviamo una crisi economica e gli economisti sono importanti. Nel corso del 1930 abbiamo dovuto attendere gli effetti della ripresa prima che gli artisti e il loro lavoro tornasse ad essere significativo. Quando il gioco si fa duro, l’arte rimane soffocata”. “Certo, ti ricordo però il bel libro When the art worked”, gli fa eco il re dell’ambient music. “E’ sull’arte che si è fatta durante la Depressione e il New Deal e di come fu il governo americano a decidere di fare qualcosa. Una decisione, quella di utilizzare un sacco di artisti, che nessun governo si sognerebbe di fare ora”.

La conversazione procede condita da diversi inserti musicali che Eno improvvisa ispirato dal confronto con un Varoufakis entusiasta di fronte ad un brano che ricorda il miglior sound progressive. “Peccato che i bassi sul vinile si sentano poco. Dobbiamo pensare al vinile oggi, perché lo si sta tornando ad acquistare”. “Vero”, continua Varoufakis, “Mio figlio che non ne aveva mai sentito parlare appena ha scoperto la mia vecchia collezione non ha smesso di ascoltare i miei dischi. Ora ascolta solo musica in vinile”.

Ma è sulla robotizzazione del lavoro e sul reddito minimo che la chiacchierata prenda la svolta dell’impegno. “La Apple ha uno stabilimento negli Stati Uniti che non impiega praticamente nessun lavoratore, e la fabbrica è stata costruita dai robot. La domanda che ti faccio è: chi acquisterà i prodotti della Apple? I robot non lo faranno. Forse la crisi economica sarà così spietata che le macchine diventeranno molto costose e il lavoro umano otterrà una tregua temporanea. Tale rinvio porta ad un aumento dei salari, che porta ad un aumento della domanda, e a un nuovo ritorno dei robot”, spiega il “professore” di economia. “Al momento negli Stati Uniti un saldatore in carne ed ossa costa 25 dollari l’ora, mentre un saldatore robot ne costa 18. Ma se il tasso di disoccupazione raggiunge il livello che abbiamo, per esempio, in Grecia, il prezzo di un saldatore umano potrebbe andare a 15. Solo così improvvisamente l’umano diventerà di nuovo competitivo”. “C’è un’altra possibilità: reddito minimo garantito”, aggiunge Eno. “Cioè dare alla gente una certa somma di denaro, in modo da evitare la povertà schiacciante provata dalle persone che non hanno soldi. Così si stimolano anche l’economia, perché quando la gente ha soldi compra le cose”. Altro giro di note e la chiosa su un futuro ‘marxista’ spetta ad Eno: “Sarebbe bello se qualcuno scrivesse un breve saggio intitolato: “Che cosa ha fatto il comunismo per noi?”. Ricordo che Octavio Paz disse che il comunismo potrebbe essere stata la risposta sbagliata, ma la domanda (che ci ponevamo ndr) non era sbagliata. Il punto è che ad un dato momento abbiamo deciso che la risposta fosse sbagliata e abbiamo pensato che non avremmo avuto più bisogno di porci la domanda sulla disuguaglianza”.

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