Nelle alterne vicende degli ascolti in tv non ci era mai capitato di constatare un tonfo così netto e inequivoco, come quello della Rai nel prime time di novembre del 2015 rispetto al corrispondente mese del 2014. Meno 2,56 per cento di share corrispondente all’allontanamento di 800mila “spettatori medi”, quasi tutti in fuga da Rai1.
Ha per caso trionfato Mediaset? Neppure per sogno perché anche il biscione fa un passo indietro. Si tratta solo di un mezzo punto, ma a guardare meglio si scopre che il risultato deriva dai una somma algebrica: Canale 5 tracolla di quasi due punti mentre le altre reti e i vari canalini recuperano i tre quarti di quel che perde l’ammiraglia della casa.
Insomma, l’evento auditel di novembre 2015 (rispetto al corrispondente mese del 2014) è che le due ammiraglie del duopolio hanno perduto, messe insieme, più di 4 punti di share e più di un milione di spettatori. In gran parte avendo pagato quasi tutto loro il conto del restringimento della platea del prime time che è calata di circa ottocentomila unità (buon segno, peraltro, perché segnala che la ripresa economica ci da i mezzi per stare di meno in casa).
Chi se la cava bene sono gli altri: Cairo (La7) è tornato a vedere il segno più, piccolo ma comunque positivo, dopo un lungo periodo di ridimensionamento rispetto alla stagione degli exploit di Santoro e Mentana; si è fatta largo Discovery che, forte dei suoi canalini per maniaci, arriva a toccare in prime time il 5,5% (+1) similmente a Sky che arriva al 7,2% (+1,2). E c’è anche, a completare il quadro, una crescita di ascolto di un punto sano sano a favore della indistinta nebulosa delle tv locali, almeno di quelle dotate di qualche senso.
Insomma, se novembre è un mese indicativo (e di certo lo è essendo al centro del cosiddetto “periodo di garanzia”, in cui le emittenti concentrano il meglio che hanno) sembra proprio che il pubblico mainstream sia soggetto a qualcosa di più di una erosione (tradotta in quattrini la flessione di Rai1 varrebbe circa una cinquantina di milioni su base annua). Se le cose dovessero continuare su questa china, ma per capirlo dovremo attendere i dati di marzo, vorrebbe dire che stiamo assistendo a una specie di collasso (vedremo quanto profondo e quanto rapido, e questo dipenderà molto dalle scelte che faranno Sky e Discovery sui canali 8 e 9 del telecomando) del centro del sistema di spartizione delle risorse pubblicitarie. Nonché dei connessi equilibri nei confronti degli altri media e della stessa politica. E scusate se è poco.