Eppure di Fuad Abu Hamada sappiamo quasi tutto, grazie alle testimonianze di diversi superstiti soccorsi in mare e sbarcati a Pozzallo (Siracusa). Il nome, il volto riconosciuto da una foto di Facebook, due numeri di cellulare e soprattutto l’indirizzo esatto dell’ufficio da cui dirige il traffico di esseri umani da Alessandria d’Egitto, quartiere Miami, di fianco al palazzo di 12 piani dove molti dei migranti – in prevalenza siriani e palestinesi – hanno sostato prima della partenza per l’Italia, avvenuta dalla spiaggia di Wad el Gamer la notte tra il 6 e il 7 settembre 2014. Costo: duemila dollari. Fouad aveva rassicurato i suoi “passeggeri” sul fatto che a un certo punto “qualcuno avrebbe telefonato alle autorità italiane per richiedere il soccorso in mare e ciò ci avrebbe consentito di raggiungere l’Italia a mezzo delle unità di soccorso”.

In assenza di collaborazione delle autorità locali, sui padrini del traffico ci restano solo le informazioni fornite dagli scampati. “Corporatura robusta, leggeri baffi, carnagione chiara, capelli che danno sul biondo”, hanno raccontato di Fuad. Oltre che in Egitto, la sua organizzazione opera in Siria e in Palestina. Ai pm di Catania è descritto come un boss mafioso: “Il rispetto nei suoi confronti è assoluto, anche dagli abitanti di Alessandria”. In città “gode di elevata notorietà soprattutto per la forza intimidatrice e di assoggettamento che riesce ad esercitare con i suoi adepti durante la commissione dei delitti relativi al favoreggiamento all’immigrazione clandestina verso l’Italia”. Una notorietà che alle autorità egiziane non dovrebbe essere sfuggita.

Inchiesta: con le autorità italiane a caccia di trafficanti

“Tra Libia ed Egitto ci sono diverse organizzazioni criminali specializzate nel traffico di migranti”, spiega il pm Liguori. “Hanno capi riconosciuti, uomini armati, mezzi terrestri e marittimi, alloggi e fattorie”. Fouad non è l’unico presunto “padrino” che l’Egitto non punisce né consegna. Dal 18 settembre 2014 la procura di Catania aspetta notizie su Hanafi Ahmed Mohamed Farrag, “nato in Egitto il 29.7.1982, residente a Borg Meghezel, Metobes, governatorato di Kafr El Sheik”. La Procura di Catania lo considera un pezzo grosso del traffico di essere umani e lo accusa dell’arrivo di 360 immigrati per lo più egiziani e siriani, in tre viaggi tra luglio e ottobre del 2013. Ha un nome, ma è ancora libero, anche il presunto responsabile del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013: 366 vittime, un punto di svolta nella consapevolezza dell’opinione pubblica sulle tragedie del mare. E’ l’etiope Ermias Ghermay, che opera in patria, in Eritrea, in Sudan e in Libia. E’ latitante dal 12 febbraio 2015. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo contesta alla sua organizzazione lo sbarco clandestino sulle coste siciliane di almeno 5.377 migranti, tra il maggio 2014 e il febbraio 2015. Ciascuno di loro ha sborsato a Ghermay tra i 1.500 e i 2mila dollari Usa.

Parlano i superstiti della strage di Lampedusa

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