Dopo il commissariamento, disposto dalla prefettura di Vibo Valentia all'indomani dell'arresto del sindaco Romano Loielo nell'ambito dell'inchiesta “Uniti nella truffa”, venerdì è stata sciolta l'amministrazione comunale. Era già accaduto 4 anni fa, quando lo stesso sindaco aveva nominato sui vice il figlio del boss del paese
È un doppio record quello raggiunto da Nardodipace, che già in passato era diventato famoso perché è il più povero Comune d’Italia per reddito pro-capite. Dopo il commissariamento, disposto dalla prefettura di Vibo Valentia all’indomani dell’arresto del sindaco Romano Loielo nell’ambito dell’inchiesta “Uniti nella truffa”, venerdì è stata sciolta l’amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose. Era già avvenuto nel 2011 e, anche allora, il piccolo paesino di montagna era guidato dall’esponente di Fratelli d’Italia Romano Loielo. All’epoca lo scioglimento era stato disposto perché era stato nominato vicesindaco Romolo Tassone (figlio del boss di Nardodipace) con il quale il primo cittadino, dopo essere stato rieletto, ha continuato ad avere rapporti. Entrambi, infatti, sono stati arrestati nel febbraio scorso assieme ad altre due persone, accusate di avere indebitamente usufruito dei fondi comunitari.
Nell’inchiesta sono coinvolti anche la moglie del sindaco, alcuni assessori e consiglieri della maggioranza di Romano Loielo che, dopo essere stato rinviato a giudizio, adesso è sotto processo. Il Consiglio dei ministri ha approvato lo scioglimento del Comune di Nardodipace su proposta del ministro dell’Interno Angelino Alfano “al fine – è scritto nella nota di Palazzo Chigi – di consentire il risanamento delle istituzioni locali dove sono state accertate forme di condizionamento della vita amministrativa da parte della criminalità organizzata”. Le motivazioni sono al momento segretate ma è facile immaginare che siano da ricondurre al contesto emerso dall’inchiesta “Uniti nella truffa”, condotta dai carabinieri e guardia di finanza con il coordinamento del procuratore di Vibo Valentia Mario Spagnolo e del pm Michele Sirgiovanni.
Secondo gli investigatori, il sindaco Romano Loielo avrebbe sfruttato il suo ruolo per accedere alle informazioni sui bandi che avrebbero dovuto risollevare un territorio economicamente allo stremo. Al centro dell’inchiesta c’è una “pluralità di truffe seriali” a danno della Regione e dell’Unione Europea. Circa 100mila euro è l’ammontare dei fondi pubblici di cui il sindaco e gli altri indagati si sarebbero impossessati grazie a inesistenti corsi di formazione per la creazione di posti di lavoro. Ma se con l’inchiesta “Uniti nella truffa” la Procura di Vibo non ha contestato reati di mafia, questo non vuol dire che sullo sfondo non siano emersi contatti tra i politici locali e la cosca Tassone. Elementi che evidentemente sono stati ritenuti sufficienti per dimostrare l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel palazzo comunale. All’indomani del blitz, infatti, il prefetto Giovanni Bruno ha disposto l’insediamento di una commissione d’accesso che ha redatto una relazione con cui è stato chiesto lo scioglimento.
L’operazione sui finanziamenti europei e regionali, infatti, ha svelato il sistema di alcune associazioni che, secondo la Procura, erano fittizie perché costituite con il solo obiettivo di intercettare i finanziamenti del Por Calabria. Fondi dati ad associazioni culturali come quella gestita proprio dal sindaco che aveva sede in un locale dove i carabinieri hanno trovato, invece, lo studio abusivo di un dentista. Stando alle risultanze investigative, inoltre, con i soldi della Regione sarebbero stati finanziati un pub (che in realtà non è stato mai avviato) e una squadra di calcio, l’ “Allarese”, il cui titolare era Romolo Tassone che poi ha assunto come borsista la moglie del sindaco Loielo.
Tassone però oltre a essere l’ex vicesindaco è il figlio di Rocco Bruno Tassone, ritenuto dagli inquirenti il boss di Nardodipace, coinvolto anni fa nell’inchiesta “Reggio-Milano” e condannato in appello, lo scorso luglio, a 13 anni di carcere nel maxiprocesso “Crimine”. Quattro anni e 8 mesi, invece, sono stati inflitti a suo cugino Damiano Tassone. Ritornando allo scioglimento di Nardodipace, il governo ha nominato una commissione straordinaria. Resterà in carica almeno 18 mesi nel corso dei quali il viceprefetto Francesca Buccino, il viceprefetto aggiunto Giuseppe De Marco e il funzionario economico-finanziario Stefano Tenuta cercheranno di “ripulire” il Comune infiltrato dalla ‘ndrangheta.