Il 30 novembre scorso Loredana Lipperini invitava le donne di Snoq a pronunciarsi contro i tagli agli stanziamenti per le Pari Opportunità: meno 2,8 milioni di euro all’anno per il triennio 2016-2018.
I 28 milioni di euro che erano stati previsti si ridurranno nel 2018 a 17,5milioni e come ben spiega sempre Lipperini in un altro post sullo stesso argomento, se è vero che gli stanziamenti per le Pari Opportunità vengono tagliati nell’ambito di una generale riduzione degli stanziamenti per la Presidenza del Consiglio, verrebbe da rispondere chiedendo perché le Pari Opportunità sono ancora appannaggio della medesima.
Solo ieri, “Se non ora quando libere” ha rotto il silenzio ma per un appello contro la maternità surrogata firmato da artiste e intellettuali fra cui anche Dacia Maraini. Un tema che da mesi ha visto schierati fronti opposti all’interno del movimento delle donne con scontri accesi. Una parte ha preso posizione contro la maternità surrogata, un tema che deve essere affrontato ma con altrettanta passione si deve affrontare il problema della povertà delle donne, dello sfruttamento del lavoro di cura, della disoccupazione e del precariato; se non cambia la cultura e non si abbattono gli stereotipi di genere, e se alle donne viene imposta come unica risorsa la funzione sessuale o riproduttiva, il loro corpo rimarrà un terreno da colonizzare, merce di scambio per nuovi mercati oppure oggetto a disposizione di Chiesa, Stato e Famiglia. Non dimentichiamo il silenzio sull’obiezione di coscienza che sta negando alle donne la corretta applicazione della 194. Come mai in tanti anni non è stata presa una posizione forte contro il sistematico boicottaggio che sta vanificando una legge dello Stato?
Un Paese che taglia fondi al Dipartimento per le Pari Opportunità, peraltro lasciato anche privo di una figura di riferimento dopo le dimissioni di Giovanna Martelli, come intende realizzare politiche strutturali e azioni efficaci che garantiscano i diritti delle donne?
Quelle politiche sono state lentamente inghiottite in una palude di immobilismo o, peggio, sono state tradite da tutte quelle operazioni demagogiche e di facciata come quella che ha cavalcato il tema del femminicidio solo per adottare politiche securitarie.
Si era capito che aria tirava nel governo da quando Renzi aveva preso in ostaggio, senza più mollarla, la delega per le Pari Opportunità che era vacante dalle dimissioni di Josefa Idem. Nell’autunno del 2014, dopo gli appelli di associazioni di donne che chiedevano un ministero per le Pari Opportunità, Giovanna Martelli era stata nominata consigliera ma poi non sono state realizzate o programmate politiche efficaci per affrontare il gender gap che pone il nostro Paese in fondo alla classifica mondiale. Il Piano nazionale antiviolenza poi, ha deluso le aspettative delle associazioni impegnate sul tema della violenza e ha tradito la Convenzione di Istanbul.
Le donne, in un Paese destinato all’impoverimento progressivo, tra tagli al welfare e disoccupazione in crescita, sono più duramente colpite da povertà, precariato e disoccupazione e sono sempre più svantaggiate. E su questi temi tutto tace.
Tutto quello che accade è il segnale che si procede verso un progressivo affievolimento di interesse per una società che realizzi una reale parità tra i generi e tutto questo avviene non a caso mentre rigurgiti antidemocratici colpiscono il nostro Paese. E allora siamo sicure che la nomina di una ministra per le Pari Opportunità cambierebbe le cose? Lo scenario e i personaggi che abitano Parlamento e Governo a volte ci fanno scongiurare la nomina di una ministra. Scelta con quali logiche? E per fare cosa?
Matteo Renzi se la può prendere comoda perché la possibilità che le donne in parlamento facciano rete e gli creino problemi è remota. Il 1° dicembre era al tempio di Adriano per presentare il libro di Bruno Vespa, Donne d’Italia e come lucidamente spiega Cristian Raimo in bel post che vi invito a leggere, le cento protagoniste femminili sono scelte e descritte più che altro per le virtù di eleganza e bellezza ma soprattutto in funzione di un rafforzamento dell’ego maschile. L’unica narrazione delle donne che piace a Vespa, a Renzi e anche a buona parte del Paese e che purtroppo viene interpretata da molte donne che sono in politica quando scendono a compromessi, quando non osano, quando diventano acquiescenti o aderiscono alle logiche di potere maschile.
Yeswomen che tradiscono le aspettative di tutte quelle che avevano sperato in loro o più semplicemente donne che coltivano ben altri interessi invece dei diritti delle altre donne.
@nadiesdaa