Il vice segretario del Pd ha raccontato a Libero di essere diventata socia della popolare veneta in cambio di "un tasso di favore" sul mutuo. Per questo si sente "più che vicina" ai risparmiatori sul lastrico a causa del decreto salva banche. Ma, sostiene, "bisogna trovare come intervenire in modo equilibrato"
“Io e Riccardo avevano bisogno di un mutuo, abbiamo cercato la proposta più allettante. Siamo diventati soci della Banca popolare di Vicenza perché ci offrivano un tasso di favore. Quanto abbiamo perso? Credo 18mila euro”. A parlare è il vice segretario del Pd Debora Serracchiani, che racconta a Libero di sentirsi “più che vicina” ai risparmiatori sul lastrico a causa del decreto “salva banche” del 22 novembre e domenica hanno inscenato un sit in contro il governo in piazza Montecitorio. La governatrice del Friuli Venezia Giulia riferisce di aver visto andare in fumo soldi propri e del marito investiti in titoli della popolare vicentina “in cambio” di un finanziamento per l’acquisto di una casa. Un modus operandi che, come emerso dalle indagini della magistratura e dalle ispezioni della Bce, era all’ordine del giorno: la Popolare ha erogato ai propri clienti finanziamenti per oltre 974 milioni proprio per far comprare loro azioni della banca, con ripercussioni pesanti sul bilancio.
“A sentire Riccardo non gli avevano prospettato tutti i rischi“, prosegue la vice di Matteo Renzi, che riferisce di essere “furibonda, ma con me stessa”. Come dire che chi acquista strumenti rischiosi se ne assume la responsabilità. Segue la difesa dell’operato del governo per risolvere la crisi di Banca Marche, Popolare dell’Etruria, CariFerrara e CariChieti: “Intanto c’era la necessità di salvare i soldi dei correntisti, i posti di lavoro e cercare di rimettere in sesto il sistema che ha risentito della crisi. È stato fatto, meglio che altrove”. Poi il solito distinguo “tra chi ha investito in azioni e i risparmiatori” e l’avvertimento: “Non è semplice né scontato” un intervento in favore degli obbligazionisti subordinati che hanno visto oltre 300 milioni di euro investiti in bond delle quattro banche trasformati in carta straccia. “Bisogna trovare come intervenire in modo equilibrato“, “è una sorta di anno zero e bisogna tenerne conto”. Sì a un intervento pubblico, attraverso il fondo da 100 milioni allo studio del governo, perché “è una situazione di emergenza”.
Emergenza su cui però non si riesce a trovare la quadra. Domenica sera la commissione Bilancio alla Camera ha chiuso la prima fase di esame del dl Salva banche bocciando gli emendamenti su cui governo e relatori avevano espresso parere contrario e accantonando quelli ritenuti meritevoli di approfondimento, una quarantina. Il presidente Francesco Boccia (Pd) ha fatto sapere che “le proposte di modifica accantonate permetteranno ai relatori Melilli e Tancredi di fare proposte che alla fine dei lavori in commissione sottoporremo al voto”. Nella giornata conclusiva dell’esame “ci sarà modo di tornare sul tema banche per affrontare gli aspetti più delicati, anche alla luce di quello che dirà il ministro Padoan, la cui presenza in Commissione è stata richiesta dalle opposizioni”.