Cinema

El Garaje Produzioni, il collettivo che a Bologna fa (o prova a fare) del cinema indipendente un lavoro

L'associazione è nata nel 2012 grazie all'ingegno di una quarantina di amici e professionisti che hanno trasformato un magazzino in disuso in una struttura a servizio dell'arte. Miguel Gatti spiega: "Le istituzioni non valorizzano questo mondo di creatività dal basso. E allora non ci resta che rimboccarci le maniche. In politichese la chiameremmo 'cittadinanza attiva'"

di Luciana Apicella
El Garaje Produzioni, il collettivo che a Bologna fa (o prova a fare) del cinema indipendente un lavoro

L’uomo è un animale razionale. Salvo quando ci si mette di mezzo il cinema, perchè allora diventa animale passionale. Un assunto a partire dal quale diventa leggibile la nascita dell’associazione El Garaje Produzioni di Bologna. Ovvero di quella volta in cui –correva l’anno 2012- una quarantina di amici, professionisti, tecnici, elettricisti e maestranze varie, già da un paio d’anni in azione come collettivo indipendente di lavoratori dello spettacolo, si rimboccarono letteralmente le maniche per trasformare un magazzino in disuso in uno spazio accogliente, dotato di sala di posa di 250 metri quadrati, deposito di attrezzeria scenografica e materiale tecnico, e trasformarlo in una struttura a servizio del cinema indipendente, una porta cui bussare per dare concretezza al sogno impalpabile delle immagini sul grande schermo.

Artefice di questa piccola cittadella di artigiani dello spettacolo, che in soli tre anni di vita si è guadagnata un posto di primo piano nel panorama cinematografico indipendente italiano, il 39enne Miguel Gatti: origini cilene, adolescenza milanese e l’arrivo a Bologna poco più che ventenne. “Il mio obiettivo era quello di garantire sostenibilità a quelle produzioni audiovisive indipendenti” spiega Miguel a ilfattoquotidiano.it “che spesso faticano a trovare finanziamenti a copertura dei loro progetti”. Un supporto concreto, fatto di finanziamenti, co-produzioni e soprattutto di coperture tecniche, dai macchinisti agli addetti alle luci agli scenografi agli spazi, che El Garaje mette a disposizione. Lavoro volontario, spesso, che però diventa investimento per il futuro: “La cosa interessante è poter inserire sui set giovani aspiranti lavoratori del cinema, farli interagire con professionisti, dargli l’opportunità di confrontarsi con l’esperienza concreta. E soprattutto creare reti di relazioni: grazie a questa modalità ci sono stati poi commissionati numerosi lavori. I soldi vengono reinvestiti nell’acquisto di materiali o nel sostegno a nuovi progetti”. Progetti che, assicura Miguel devono essere sposati fino in fondo: “Voglio che ogni operatore, macchinista, scenografo legga la sceneggiatura e la faccia propria, che sia in grado di valutare con il regista la fattibilità di questa o quell’altra scena. Magari è un aspetto, per così dire, romantico, ma credo che solo in questo modo il lavoro diventi conoscenza”.

I numeri parlano da soli: ad oggi El Garaje conta la partecipazione a più di 40 produzioni audiovisive: 20 videoclip, 10 cortometraggi, 2 documentari -“Fedele alla linea”, il film di Germano Maccioni su Giovanni Lindo Ferretti, e “Ho conosciuto Magnus” di Paolo “Fiore” Angelini, dedicato al leggendario disegnatore bolognese, del quale nel 2016 ricorre il ventennale dalla morte. E ancora le scenografie per la fiction “L’ispettore Coliandro” dei Manetti Bros e la collaborazione con alcune realtà produttive indipendenti italiane come Ruvidofilm e Tempestafilm di Roma e le bolognesi Articolture ed Elenfant Film, per citarne alcune. “Attualmente” continua Miguel “stiamo sostenendo “Asteroidi” di Germano Maccioni e “Il Vegetariano”, lungometraggio di Roberto San Pietro prodotto da Apapaja Film con il contributo del MiBACT: la storia di un giovane indiano di seconda generazione, vegetariano ed induista, il cui lavoro in un allevamento di bestiame lo costringe a rimettere in discussione la propria fede e le proprie certezze”. Viene da chiedere a Gatti chi glielo faccia fare, in un panorama italico desolante quanto a pratiche virtuose a sostegno del cinema fuori dal mainstream. “Il discorso è proprio quello” dice convinto Miguel: “Non possiamo rimanere con le mani in mano. In politichese si chiamerebbe cittadinanza attiva”. Definizione senza dubbio ingegnosa per nascondere le mancanze del pubblico attraverso l’elogio dell’iniziativa privata. Siamo dalle parti del volontariato: “Diciamo che non c’è una forte volontà di valorizzazione da parte delle istituzioni: sfugge la ricaduta positiva che il cinema porta su un territorio, cosa nella quale invece le Film Commission di Puglia e Piemonte, ormai paradigmatiche in questo senso, hanno creduto. Se si finanzia una produzione sul territorio, credo che si dovrebbero come minimo tutelare i lavoratori di quel luogo. Forse basterebbe solo avere un po’ più di accortezza nello scrivere i bandi, e rendersi conto del potere enorme che il cinema ha nel muovere lavoro e promuovere l’immagine di una città”. L’alternativa è l’auto-organizzazione, la “cittadinanza attiva”, leggi il rimboccarsi maniche ed ingegno. Citofonare El Garaje Produzioni per sapere come.

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