Perfino Andy Warhol l’aveva immortalata. E lei i suoi quindici minuti di celebrità, anzi il suo “multiplo” alla Marylin e alla Campbell’s se l’è tenuto stretto fino al 2011, quando l’ha trasferito in bella vista nel suo nuovo store newyorchese. Il mondo della moda piange da ieri notte Mariuccia Mandelli, in arte Krizia. La stilista bergamasca che da oltre 60 anni aveva mostrato uno dei tratti più distintivi ed originali della creatività e della moda italiana nel mondo, è morta all’età di 90 anni, alle ore 21 del 6 dicembre nella sua casa di Milano per un malore. Il marito Aldo Pinto, da 50 anni fedele compagno e brillante sparring partner delle creazioni di Krizia, sposato nel 1965 in Giamaica, le è rimasto accanto fino all’ultimo istante.
Una storia tutta italiana quella di Mariuccia Mandelli, di quel laborioso ed instancabile Nord che incarna il sogno del miracolo economico nel dopoguerra, della conoscenza e del sapere alla base della crescita industriale, dello stile dirompente nell’epoca dei grandi cambiamenti sociali e culturali degli anni sessanta/settanta. Nata il 31 gennaio del ’35 Krizia è una sorta di figura indefessa e mitica nel panorama imprenditoriale.
Fin da ragazzina studia, legge, taglia, cuce e disegna. Il papà dissipa il piccolo patrimonio familiare giocando a carte, mentre lei rimane lontana dalle bombe alleate vivendo la sua infanzia a Bergamo e cominciando a “vestire” con abiti ideati da lei le sue bambole. Poi il trasferimento a Milano post ’45 e la scelta obbligata di un concorso di stato per diventare maestra visto che l’università di Ca’ Foscari a Venezia è troppo esosa. Tremila concorrenti, cento gli ammessi. Mariuccia diventa maestrina e fa la pendolare. Milano-Cassano d’Adda ogni mattina “per pagarsi l’università in Svizzera”, raccontò in una delle sue tante interviste. Pochi anni e la troviamo assieme ad un’amica ad aprire una sartoria a Milano. Si narra di un appartamento lasciatole gratuitamente dall’amico Lelio Luttazzi ed in sei mesi la Mandelli inizia a far conoscere le sue idee innovative nella moda di tutti i giorni. Vende i “suoi” vestiti ai negozi, poi una fotografa della rivista Grazia, Elsa Haerter, si innamora delle sue creazioni e lentamente il suo nome inizia a girare tra le vetrine che contano.
Siamo alla fine degli anni cinquanta e “da quel momento Krizia diede vita ad uno stile di sperimentazioni in forme felicemente azzardate”, scrive Helen Bignaut in Anatomia della moda. “Un modo di avvicinarsi all’arte, ma anche di fare lei stessa arte con strutture complessa e geometrie elaborate e sostenute, sempre, da alla ricerca di tessuti innovativi o classici ma interpretati in una maniera inusitata”. All’inizio la sua impronta fashion è caratterizzata dai contrasti, dal bianco e nero, dalle tonalità che si scontrano e fanno scintille di colore all’occhio, di fronte allo status quo di un’immagine dell’abito femminile ancora molto imbolsito e rigido modello anni cinquanta.
Poi, sul finire degli anni sessanta, comincia a disegnare le hot pants e propone per prima in Italia, lei ha sempre affermato “in contemporanea” con Mary Quant, la minigonna. Abbastanza lontana dall’evanescenza delle grandi passerelle, Krizia non disdegna però creazioni di pret a porter più ambiziose. Gli anni ottanta la vedono al top con la linea delle maglie dedicate agli animali. “Ho sempre fatto animali molto ironici, il leone ubriaco con il sigaro in bocca, le orse vanitose con collane e orologi”, spiegò la stilista ricordando che quelle maglie erano finite addosso a Marella Agnelli e lady Diana.
Sempre negli ottanta, al massimo del suo fulgore imprenditoriale, Krizia disegna una linea di moda per uomo e nell’88 diventa “commendatore” assieme a Giorgio Armani e Valentino, con tanto di spilla premio regalata da Cossiga. Definitasi da sempre “di sinistra”, socialista craxiana mai troppo convinta, poi prodiana e antiberlusconiana (“se diventa presidente della repubblica mi trasferisco in Giamaica!”), la Mandelli finisce anche nelle inchieste di Mani Pulite che coinvolgono l’alta moda milanese a metà anni novanta. Assieme ad altri stilisti, prima viene condannata per corruzione della Guardia di Finanza, con l’accusa di aver pagato tangenti da 300 milioni di lire; poi in Appllo viene ribaltato l’impianto accusatorio dei pm milanesi e viene scagionata in quanto vittima di “concussione” da parte della stessa Finanza.
A fine febbraio 2014 l’annuncio via web del cambio di guardia al vertice della sua impresa. La Cina è vicina, ha pecunia fertile e oltre ai completini in acrilico a pochi euro può mangiarsi colossi del pret a porter occidentale. Krizia passa la mano alla Shenzen Marisfrolg Fashion. “Ho deciso per un motivo ben preciso”, dirà la stilista bergamasca. “Dare un seguito al mio lavoro. Ho avuto diverse possibilità di scelta, ma l’incontro con Zhu Chong Yun e l’intesa con questa donna sono stati determinanti”. Lucida e determinata, a cavallo dei 90 anni Krizia non si è mai tirata indietro di fronte al naturale avvicendarsi delle nuove generazioni: “Il futuro è dei giovani, presto appariranno sulla scena parecchi nomi nuovi e finirà questa oligarchia della moda. Ma, attenzione, se noi siamo ancora qui significa che non abbiamo smarrito il genio e che in giro, tra i possibili emergenti, ci sono troppi presuntuosi e troppi arroganti. E pochissima umiltà”.