E’ inutile parlare di come sconfiggere l’Isis quando non ci rendiamo conto che è già in mezzo a noi. Domina la nostra vita quotidiana, le nostre percezioni e, perfino, la nostra visione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato.
Con l’Isis abbiamo perso quando abbiamo cominciato a vedere solo le gesta di questo gruppo terrorista, dimenticando che cosa l’ha creato: il vuoto dei massacri in Siria e Iraq. Non riusciamo a vedere più nulla del medioriente, a meno che non siano gli uomini incappucciati in nero che tagliano le teste di giornalisti occidentali. Nemmeno quando decapitano musulmani riusciamo a riconoscere questo fatto. Per esempio, due giorni fa, a Deyr az Zor, in Siria, un attivista del movimento civile è stato impiccato in piazza. Poco importa, le vittime sono dei musulmani.
Dire che l’Isis è entrato nelle nostre case, nelle scuole e nella nostra vita quotidiana non è esagerato. Veniamo bombardati costantemente, specialmente in Italia, dalle notizie a riguardo di questo gruppo. Lo stereotipo dell’ “Islam uguale terrorismo” è sdoganato nel senso comune delle persone.
Siamo tutti, intendo i musulmani, possibili complici. Basta farsi crescere la barba, mettere un velo, avere dei lineamenti differenti o essere un po più scuri per diventare una possibile minaccia. La paura nella società ci sta dominando e così, questa stessa paura, apre le porte a governi fascisti o aspiranti tali che promettono sicurezza in cambio di meno libertà.
Lentamente si ritorna ai nazionalismi, alla divisione dell’Europa, in nome della riscoperta delle radici e della difesa “dall’altro”. Il fascismo che si alimenta da questa paura, insensata, verso un nemico che sta massacrando in medioriente migliaia di musulmani, è terreno fertile per un neo-fascismo che sarà tanto di destra quanto di sinistra. Basta poco per confutare questa realtà.
Ci sono partiti in Italia, di schieramenti opposti, che dimenticano ogni senso e valore democratico dichiarandosi, in nome della lotta all’Isis, sostenitori di dittature reazionarie in medioriente. “Sono il male minore e, poi, chi lo ha detto che sono dittature”, dichiarano dimostrando che, fra i nostri politici, c’è chi non sa più riconoscere la differenza fra una dittatura che incarcera, ammazza e priva di libertà di parola la popolazione e una democrazia, debole o forte, dove i diritti fondamentali, come quello alla vita, sono tutelati. Questa paura verso l’Isis ci fa ammirare uomini forti, come Putin – che abdicano ogni morale in nome del mantenimento del loro potere personale – che sono pronti alla guerra in nostro nome.
Per sconfiggere questa paura dell’Isis la migliore soluzione è quella di bombardarli. Tutti, perfino vecchi nemici come Russia e Usa, si accordano e sembrano tornare compatti in nome della lotta contro il “male assoluto”. Si rinsaldano i rapporti con vecchi regimi sanguinari, come quello degli Assad, che sono i principali sponsor dell’ascesa del fondamentalismo perché, alla fine, meglio un dittatore in giacca e cravatta che un barbuto al comando. Non c’è altra scelta fra queste due. Non vediamo la società, irachena e siriana, che cerca una terza via.
L’unica soluzione è quella di decostruire la paura e comprendere da cosa è alimentata. Dobbiamo pensare alle conseguenze che questo nostro sentire avrà alla lunga. Ricordiamoci che una società rinchiusa in una fortezza di timori è destinata a compiere scelte tragiche.