“Nei casi di lavori di superficie, come quello in questione, le puntuali prescrizioni progettuali dispongono che l’asfalto venga steso provvisoriamente al fine di proteggere i sampietrini e poi immediatamente rimosso alla fine dei lavori”, si legge in una nota del Campidoglio nella quale si afferma anche che, “in sintesi, il breve tratto interessato, coperto con conglomerato bituminoso, in assoluta conformità al progetto esecutivo la cui approvazione risale ad oltre due anni fa, sarà perfettamente ripristinato alla chiusura del cantiere, mediante il ripristino integrale del manto di sampietrini”.
Il breve tratto interessato è quello tra via Corrado Ricci e i cantieri della Metro C, lungo via dei Fori Imperiali. Insomma non una strada qualsiasi, ma la fettuccia che il fascismo ha realizzato e che l’ex sindaco Marino ha pedonalizzato. Misura che avrebbe dovuto aprire la strada alla ricomposizione dei Fori. Ma intanto ai lati della strada i cantieri della metro C hanno trasformato quel che c’era. Ora distruggendo (belvedere Cederna e recinzione di Villa Rivaldi), ora stravolgendo il paesaggio. Ovunque mettendo in pericolo il Patrimonio archeologico affacciato sull’ex arteria. Come indiziano i tanti apprestamenti che hanno ingabbiato la Basilica di Massenzio e il Tempio di Venere e Roma. E poi muri di cemento armato, provvisori. Proprio come l’asfalto che ha coperto il manto di sampietrini.
“Al termine verrà ripristinata la pavimentazione in sampietrini”, assicurano dalla Soprintendenza archeologica. Ma la questione, che ha acceso un vivace dibattito, non può essere derubricata a un’operazione di competenza dei lavori pubblici. Lì, in quel luogo, i sampietrini non sono soltanto la vecchia pavimentazione. Costituiscono molto di più. Sono a tutti gli effetti un elemento storicizzato del particolarissimo contesto. Proprio per questo, almeno in questo caso, non ha forse senso richiamare il progetto dell’ex sindaco, presentato agli inizi dello scorso gennaio, di sostituire i sampietrini con l’asfalto. Una scelta motivata dai differenti costi di manutenzione. Comunque riguardante esclusivamente le strade ad alto scorrimento. Dal momento che “La storica pavimentazione rimarrà solo nelle zone pedonali”. Lo staff del sindaco precisava “in tutte le zone in cui possono costituire un valore storico, architettonico e culturale: aree pedonali o semipedonali e strade precluse al traffico intenso, dove i cittadini e i turisti possono ammirarli e calpestarli in tranquillità, passeggiando a piedi o in bicicletta”. Affermazione perentoria. Pienamente condivisibile. Sfortunatamente ora contraddetta. Con il Comune e la Soprintendenza informati. Entrambi, dal 2013. Dunque un intervento pienamente programmato. Eppure taciuto. Nonostante il luogo suggerisse almeno questo riguardo.
Così a rendere noto che lo strato di asfalto aveva coperto i sampietrini non è stato un comunicato del Campidoglio e neppure della Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’area archeologica di Roma. A renderlo noto un post su Facebook della consigliera del I Municipio Nathalie Naim. Ma in fondo, a ben guardare, la striscia di asfalto non è forse il maggiore dei problemi. Anche se senza dubbio costituisce l’ennesimo scempio all’area archeologica centrale perpetrato in nome della metro C. L’origine di tutto è nella scelta di alienare sostanzialmente quell’area così importante alle competenze di Comune e Soprintendenza per affidarla a chi gestisce l’operazione metro C. Un’alienazione scriteriata e perversa nella quale le colpe non possono ascriversi per intero al Consorzio metro C, il raggruppamento di imprese che sta realizzando la linea. La sensazione è che quel che accade ai lati (ed ora al centro) di via dei Fori Imperiali non sia una questione che riguardi, se non in maniera sfumata, Amministrazione comunale e Mibact. Con queste premesse non rimane che aspettare il prossimo misfatto. Con più che giustificato timore.