La filiale italiana dell'organizzazione ambientalista ha un disavanzo di gestione di 700mila euro, ha visto i soci calare a 60mila dai 300mila degli anni ‘90 e riceve sempre meno finanziamenti pubblici. Il direttore generale Gaetano Benedetto: “Oggi le persone supportano iniziative specifiche ma non si associano, bisogna convincerle di volta in volta"
Drastica ristrutturazione in corso al Wwf, la storica organizzazione ambientalista nota al pubblico per le oasi naturalistiche sparse in tutta Italia. Nel 2016 saranno chiuse tutte le 19 sedi regionali, a eccezione di Palermo, e la seconda sede nazionale a Milano. Resterà solo la sede nazionale di via Po a Roma, ma con un organico fortemente ridotto. Infine saranno dimezzate anche le sezioni locali, gestite da volontari, per ridurre i costi risparmiando su affitti e utenze. I dipendenti totali previsti a fine ristrutturazione sono una cinquantina, contro i 95 attuali e i 140 di cinque anni fa. Il riassetto passerà attraverso un mix tra licenziamenti veri e propri, una trentina, cassa integrazione a zero ore (che prelude comunque all’uscita dall’organizzazione), dimissioni volontarie e mancato rinnovo di contratti a termine. Infine, alcuni dipendenti delle oasi saranno esternalizzati, passando a ruolo di società terze. La rete andrà parzialmente in gestione ad altri enti, con un sistema di affiliazione al Wwf simile al franchising. Saranno gestite direttamente solo le oasi di interesse comunitario europeo.
Una ristrutturazione annunciata – I tagli al personale non hanno sorpreso nessuno all’interno dell’organizzazione, dal momento che sono l’estremo rimedio a una situazione economica compromessa da tempo. I bilanci recenti parlano da soli: dal 2011 al 2013 si è passati da un sostanziale pareggio a un disavanzo di gestione di oltre 4 milioni di euro, sceso a circa 700mila euro quest’anno. Nel 2013 l’indebitamento bancario è arrivato a quasi quattro milioni di euro e il debito verso il Wwf internazionale ha superato i due milioni.
Alle radici della crisi: il fattore “di mercato” – Alla base della crisi economica ci sono fattori sia “di mercato” che organizzativi. Il progressivo calo dei soci, dai 300mila degli anni ‘90 ai 60mila di oggi, ha tagliato al Wwf una fonte di finanziamento stabile. E’ un fenomeno che non ha risparmiato altre organizzazioni storiche come il Touring Club ed è figlio di un cambiamento culturale probabilmente irreversibile, spiega Gaetano Benedetto, direttore generale del Wwf Italia. “Oggi le persone non aderiscono più in toto a un’organizzazione, semmai condividono un’iniziativa, una campagna specifica, per la quale sono ancora disposti ad aprire il portafoglio. Noi abbiamo almeno 40mila persone che donano ogni anno almeno una cifra pari o superiore alla quota associativa di 30 euro, ma non si associano. Sono persone sempre diverse, donatori che ti devi ogni volta conquistare”.
Alle radici della crisi: il fattore organizzativo – Il fattore organizzativo ha invece fatto lievitare negli anni i costi di struttura. Il Wwf si è appesantito con troppe sedi e troppi progetti dispersi sul territorio, senza un coordinamento. Anche qui c’è un motivo preciso: negli anni d’oro dell’ambientalismo italiano le organizzazioni hanno imparato a contare sull’aiuto pubblico e a relazionarsi più con le istituzioni che con la cittadinanza. “Negli anni ‘80 e ‘90 ci eravamo concentrati sul rapporto con la politica a tutti i livelli: dal nazionale al regionale al locale”, spiega ancora Benedetto. “Abbiamo ottenuto risultati anche importanti sul piano legislativo, vedi la nascita di un ministero dell’Ambiente, le leggi sui rifiuti, l’istituzione dei parchi nazionali e regionali. In quegli anni andava bene così. Oggi l’interlocutore non è più il pubblico ma le comunità di persone, ed è chiaro che dobbiamo diventare più snelli e flessibili per scommettere sul futuro”.
Istituzioni sempre più avare – Che il pubblico si stia defilando appare chiaro anche dall’entità dei finanziamenti, quasi dimezzati dal 2011 a oggi. I contributi nazionali arrivano solo per un piccolo numero di riserve naturali di Stato – ad esempio l’oasi di Miramare alle porte di Trieste, la riserva di Orbetello in Toscana o il Cratere degli Astroni nel Napoletano, infine qualche regione finanzia progetti specifici, anche con fondi europei. Oggi questi finanziamenti coprono solo il 20% delle entrate del Wwf, mentre oltre due terzi metà dei fondi arriva dalle quote soci, dalle donazioni di privati e aziende e da lasciti.
L’obiettivo della dirigenza, concordato con il Wwf internazionale, è il pareggio di bilancio nel 2016, da ottenere sia attraverso il taglio dei costi sia incrementando le entrate con un’attività di marketing molto più intensa, che sarà svolta, conclude Benedetto, “da una struttura completamente riorganizzata, che ha riportato all’interno dell’organizzazione una serie di competenze che in passato erano state esternalizzate”. Per ora, però, non è dato sapere quale sia l’obiettivo di raccolta fondi per il 2016.