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Banda larga, i soci americani pesano sul futuro di Telecom. Jp Morgan ha il 10%

La banca d'affari statunitense ha comunicato di avere il 4,5% in azioni, a cui vanno sommate opzioni e derivati. Potrà quindi farsi sentire durante l'assemblea del 15 dicembre, chiamata a pronunciarsi sulla conversione delle azioni di risparmio in titoli ordinari e sull'ingresso in cda di quattro uomini indicati dal primo azionista Vincent Bollorè
Banda larga, i soci americani pesano sul futuro di Telecom. Jp Morgan ha il 10%
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Accanto ai francesi in Telecom spunta un socio forte americano. Dopo l’ingresso in forze di Xavier Niel nell’azionariato dell’ex monopolista, in competizione con la Vivendi di Vincent Bollorè, lunedì sera è emerso che Jp Morgan ha in mano una partecipazione che arriva al 10,1% se si considerano anche le opzioni. La posizione, che risulta dalle comunicazioni alla Consob del 5 dicembre, è composta infatti per il 4,5% da azioni che la banca d’affari statunitense ha effettivamente in portafoglio, più una partecipazione potenziale (contratti di opzione) del 2,46% e altre posizioni lunghe (opzioni e contratti derivati) pari al 3,16%.

Parte della quota nel gruppo guidato da Marco Patuano, che ha in pancia la rete in rame e di cui è ancora da chiarire il ruolo nello sviluppo della banda ultralarga, è in realtà funzionale agli accordi con Telefònica. Jp Morgan è infatti l’istituto presso cui gli spagnoli hanno ‘parcheggiato’ la quota in Telecom al servizio del prestito convertendo attraverso il quale sono usciti dall’azionariato del gruppo italiano. Il contratto prevede che la compagnia di telecomunicazioni di Madrid, il 19 luglio 2017, possa riacquistare dagli americani azioni Telecom comprese tra il 5,4% e il 6,5% del capitale, così da poter consegnare i titoli ai sottoscrittori del prestito che scadrà il 24 luglio 2017.

La posizione lunga consentirà comunque al socio statunitense di farsi sentire durante l’assemblea del 15 dicembre, chiamata a pronunciarsi sulla conversione delle azioni di risparmio in titoli ordinari decisa all’inizio di novembre dal presidente Giuseppe Recchi. Una mossa anti scalata, in seguito alla quale gli attuali azionisti vedrebbero diluire le proprie quote. I soci dovranno inoltre decidere se dire sì all’allargamento del consiglio di amministrazione da 13 a 17 componenti, con l’inserimento di quattro uomini indicati da Vivendi. Una richiesta che non è piaciuta ai fondi di Assogestioni e promette di essere oggetto di scontro.

La notizia conferma inoltre l’attivismo intorno all’azionariato di Telecom. Lunedì la francese Orange ha smentito ancora una volta le nuove indiscrezioni su un suo interesse per l’ex monopolista italiano e un presunto progetto di fusione. Il 30 novembre lo stesso Patuano aveva negato “contatti” con Orange, diretta rivale della Iliad di Niel in Francia e venerdì il numero uno Stéphane Richard ha sottolineato che “l’industria è frammentata in Europa, ci sono troppi operatori, e se si riconoscesse che questa prospettiva è realizzabile, in effetti, assisteremmo probabilmente alla costituzione di alleanze a livello europeo nelle quali Orange ha l’intenzione di recitare un ruolo. Ma non è un tema di breve termine e non c’è nulla che bolle in pentola con Telecom Italia”.

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