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Sinistra europea e i suoi inutili lamenti

Il presidente francese Hollande vota alle elezioni regionali a Tulle

Fuori dalle geremiadi della sinistra sconfitta (meritatamente) in Francia, sarà utile cominciare a riflettere su quanto sta accadendo già da qualche anno.

La spiegazione la si trova subito, confrontando la catastrofe di Hollande con il successo contemporaneo di Jeremy Corbyn nel Regno Unito, in una elezione locale ma molto significativa, nella quale il suo candidato ha messo in fila, a grande distanza, i conservatori di Cameron e l’Ukip di Farage.

Due leader “di sinistra” — parrebbe — uno dei quali viene seppellito dal disgusto popolare e l’altro trionfa. La risposta è che il primo è “sotto” e il secondo è “sopra”.

“Sotto” vuol dire, in questo caso, “non credibile”, ma anche neo-liberista, bugiardo, guerrafondaio, antipopolare, europeo di una Europa che è sempre più lontana dal popolo, dai popoli europei, dalla solidarietà, dalla giustizia.

“Sopra” vuol dire sincero, contro la guerra, per una politica di giusta redistribuzione della ricchezza sociale, coraggioso, non succube del mainstream media, fautore dell’ indipendenza dagli Stati Uniti d’America.

La sconfitta di Hollande non è un merito preminente della destra, ma di Marine Le Pen. La destra europea, quella vera, si identifica con la grandi banche d’investimento, sovranazionali per definizione. La sinistra europea si è sdraiata sulla politica delle banche e, dunque, è coricata sul letto di morte a fianco di quella della destra.

Dove sta la differenza? Nel rapporto con la gente, con il popolo, con i suoi sentimenti e con le sue paure. Marine Le Pen festeggia la vittoria centrando il bersaglio: noi rappresentiamo il nostro paese, la sua sovranità. Anche Corbyn rappresenta la sovranità popolare contro i maneggi dei padroni universali. L’una e l’altro, non a caso, vogliono uscire dalla Nato. Uscire dalla guerra. Forse (anzi è così) sono arrivati a questo approdo per motivi diversi. Ed è certamente vero che muovono verso questo approdo con intenzioni diver

Ma il fatto nuovo è che si muovono verso un approdo antagonista rispetto a quello della struttura autoritaria e di controllo, antidemocratica e repressiva che è divenuta l’Unione europea.

Per questo vincono: perché interpretano l’inquietudine crescente dei popoli europei. I quali percepiscono il pericolo, anche se non ne comprendono l’origine e le cause. Non possono, del resto, proprio perché i maggiordomi del Potere (che sono padroni dei media) gliele hanno accuratamente nascoste.

Queste considerazioni non valgono solo per Francia e Regno Unito. Valgono per tutta l’Europa. I partiti tradizionali, di destra e di sinistra (affratellati, anzi avvinghiati gli uni agli altri, dal potere e dal “centrismo”) strinsero un patto con i rispettivi sudditi: noi vi diamo il benessere e voi ci date i voti. L’Europa è divenuta quello spettacolo desolante che vediamo adesso, sulla base di quel patto. Che ha funzionato nell’epoca ingannevole dell’abbondanza.

Ora l’abbondanza è finita con la crescita, che si supponeva (ma non era) infinita. Le classi subalterne, a cominciare da quelle “medie”, hanno cominciato solo ora ad accorgersene. Il patto è stato rotto. Dall’alto. Tutti capiscono che i poteri non sono più capaci nemmeno di rattopparlo. Non hanno alcuna ricetta che non sia l’egoismo (questo sì senza fine) dei loro padroni. Tutti vedono che la prossima generazione vivrà peggio delle precedenti. Non si sentono più rappresentati dai vecchi partiti e ne cercano di nuovi.

Cioè si allontanano dal “centro”. In qualche caso li hanno trovati. Il Front National è uno di questi, sulla destra. Syriza, in Grecia, è uno di questi, sulla sinistra. Ma anche Alba Dorata, sulla destra. Anche l’UKIP, sulla destra, in Gran Bretagna. Dove non trovano niente di niente, se li cercano, li costruiscono: è il caso del Movimento 5 Stelle, in Italia. Mentre, sempre in Italia, tutti i partiti tradizionali, di destra e di sinistra, si frantumano, si frastagliano, si sciolgono. E i casi di analoghe diaspore verso le periferie si vedono dovunque: in Finlandia e in Danimarca, in Olanda, in Spagna, in Belgio, in Portogallo.

Collocare questi sommovimenti nel vecchio schema di sinistra e di destra è un errore. Non serve a capire la portata della rivoluzione in corso. Essa richiede, per essere compresa, il ritrovamento dei valori fondanti del vivere civile, delle regole, della tradizione. Richiede il rifiuto della globalizzazione. Richiede il ritorno alla natura. Ciascuno, poi, arriverà a suo modo all’approdo, se si riuscirà a evitare la guerra, cioè a sopravvivere. Dunque questo è l’imperativo del momento. Poi, forse, si ricomincerà a discutere. Adesso l’essenziale è fermare i portatori di egoismo e di morte.