La fama di Angela varca gli Oceani, non solo i mari dei migranti: per il settimanale Time, è la cancelliera tedesca, che ha appena compiuto dieci anni al potere, la Persona dell’Anno 2015. Merito anche, e forse esclusivamente, dell’apertura all’accoglienza fatta in estate, quando le cronache raccontavano di mari di morte e di camion mefitici stipati di cadaveri sulle autostrade dai Balcani alla Germania. Che se non ci fosse stato quello slancio, e se la cancelliera fosse solo rimasta la Signora del Rigore, difficilmente si sarebbe guadagnata il prestigioso riconoscimento.
La rivista Usa motiva la sua decisione con la leadership mostrata da Angela Merkel, definita in copertina “Cancelliera del Mondo libero”, nel gestire il debito europeo, la crisi dei migranti e il conflitto ucraino. I risultati non sono magari stati probanti, perché la cura del rigore ha tramortito mezza Unione e le questioni migranti e ucraina restano irrisolte.
Ma il Time premia la leadership della Merkel nel promuovere e mantenere “Un’Europa aperta e senza confini di fronte alle crisi economica e dei profughi”, “l’avere chiesto più di quanto la maggior parte dei politici del suo Paese avrebbe osato”, “l’essere rimasta ferma contro la tirannia e le convenienze”, “l’avere dato prova di una guida morale risoluta in un mondo dove essa scarseggia”.
Molti non saranno d’accordo, molti storceranno la bocca, molti ricorderanno i cedimenti, pure della cancelliera, alla convenienza politica – l’ultimo, il recente smaccato omaggio pre-elettorale al satrapo di tutte le Turchie, Erdogan. Ma, a mio parere, non c’è dubbio che oggi la Merkel è uno dei pochi, pochissimi, leader europei che cerca di portare l’opinione pubblica del suo Paese, e dell’Unione, là dove lei crede sia giusto andare, e non si accontenta di andare dove l’opinione pubblica le chiede.
Non a caso, dietro la Merkel, la classifica di Time propone personaggi improponobili, solo eroi negativi: l’autoproclamato Califfo Abu Bakr Al-Baghdadi, capo del sedicente Stato islamico, e Donald Trump, le cui dichiarazioni shock su musulmani, rifugiati e internet che va, anzi andrebbe, chiuso, stanno costellando le prime pagine di tutto il mondo.
Nella lista degli otto finalisti, Trump c’era finito perché “la sua retorica populista l’ha di fatto favorito nella corsa alla nomination repubblicana”. Insieme al magnate dell’imprenditoria e al Califfo, nella ‘short-list’ c’erano pure gli attivisti di Black Lives Matter, la transgender Caitlyn Jenner, il ceo di Uber Travis Kalanick e i presidenti russo Vladimir Putin e iraniano Hassan Rohani.
Una notazione, che prendiamo a prestito dalla buona amica e bravissima collega Alessandra Baldini: Angela Merkel è solo la quarta donna ad esser scelta come Persona dell’Anno da Time. La prima fu, nel 1936, Wallis Simpson, la divorziata americana per cui Edoardo VIII rinunciò alla corona britannica. Nel 1952 toccò alla Regina Elisabetta appena insediatasi sul trono e nel 1986 a Corazon Aquino, coraggiosa moglie d’un leader politico filippino ucciso e futura presidente. Nel 1975 il titolo andò collettivamente alle “donne d’America”. Premi “di coppia” furono quelli del 1936 – Soon May Ling e Chiang Kai
Shek – e del 2005: Melinda Gates con il marito Bill Gates e Bono Vox (“i Samaritani”). Infine, nel 2002 la copertina venne dedicata a tre donne “whistleblower”, capaci di portare alla luce del sole le magagne di Worldcom e Enron. La Merkel è la prima leader politica europea insignita: dove non arrivò la ‘lady di ferro’ Margaret Thatcher, con la riconquista delle Falkland, arriva la Signora del Rigore convertitasi all’Accoglienza.