L'inviata speciale delle Nazioni Unite ed ex presidente della Repubblica irlandese in un'intervista al Guardian: "Dobbiamo cercare di umanizzare il processo. Se non ci sono rappresentanti donne, come si può dire che ci stiamo occupando della gente?"
“Al Cop21 ci sono troppi uomini e l’agenda è dettata da loro”. Mary Robinson, inviata speciale delle Nazioni unite alla Conferenza sul clima a Parigi ed ex presidente della Repubblica in Irlanda, in un’intervista al Guardian attacca: “Quello rappresentato in questa occasione è un mondo maschile. Se non ci sono rappresentanti donne, come si può dire che ci stiamo occupando della gente?”.
Secondo Robinson, la composizione della squadra di delegati che stanno trattando per avere un accordo sulle emissioni di Co2 non è rappresentativa e il risultato finale rischia di risentirne: “E’ necessario”, ha continuato, “umanizzare il processo, abbiamo bisogno di mandare un messaggio forte e dimostrare che ci stiamo occupando della gente. Le donne nei Paesi in via di sviluppo sono tra quelle più esposte ai cambiamenti climatici”.
Il tavolo delle trattative, come molti degli ambienti diplomatici e politici, è difficilmente accessibile alle donne e questo, stando alle dichiarazioni di Robinson, sarebbe un danno per l’intero processo. “C’è una tendenza a pensare che il Cop21 non sia un posto per donne e dobbiamo combattere questa idea. Io ho sentito colleghe dire che si sentono ‘strane’ a stare qui. Le donne invece devono essere presenti e numerose, devono fare massa critica“. I problemi denunciati dalla Robinson riguardano più fronti: dal fatto che alcuni Paesi si sarebbero opposti ad avere un linguaggio bilanciato in merito al genere nei documenti ufficiali, all’esclusione di alcune delegate che non sono riuscite ad avere il badge per arrivare nella stanza dei bottoni. “Sto cercando di restare in contatto con loro per aggiornarle su come vanno le trattative”.