Doveva essere un’occupazione, ma alla fine è diventato un presidio. Il collettivo Social Log sperava di trasformare l’ex palazzo delle Poste in una nuova ex Telecom (la maxi occupazione dei mesi scorsi a Bologna), quando il 7 dicembre scorso, assieme a 64 famiglie di italiani e stranieri con 80 minori a carico, è entrato abusivamente nell’edificio delle ex Poste di via Agucchi 173. Settanta alloggi vuoti da anni, dove un tempo transitavano i postini di passaggio per la Dotta, che come nel caso di via Fioravanti, sarebbero dovuti diventare appartamenti per sfrattati. Nemmeno il tempo di disfare le valige, però, che è arrivata la polizia in tenuta antisommossa, per sgomberare gli occupanti. Il tentativo è fallito, ma anche l’occupazione è stata congelata: gli appartamenti che Social Log voleva rendere abitabili sono rimasti vuoti, mentre una parte delle famiglie e degli attivisti del collettivo si sono barricati sul tetto, e lì hanno montato qualche tenda da campeggio, “decisi – dicono – a non scendere finché non si troverà una soluzione per chi è senza casa”. Un passaggio difficile, però, visto che nelle ultime ore, sia il sindaco di Bologna, Virginio Merola, sia l’assessore comunale al Welfare Amelia Frascaroli, che pure in passato aveva detto che “le occupazioni creano valore sociale”, hanno condannato duramente l’occupazione. “Si tratta di una pura strumentalizzazione che non merita nessun tipo di confronto politico – spiega Merola – bene hanno fatto le forze dell’ordine a intervenire fin da subito”.
Il ‘no’ al dialogo del Comune, spiegano sindaco e assessore, è dovuto alla presenza di alcuni minorenni, tra i 10 e i 17 anni, sul tetto assieme ai manifestanti durante le prime ore dell’occupazione: “I minorenni non dovrebbero mai essere ‘usati’ – ha scritto su Facebook Frascaroli, in viaggio a Gerusalemme – proprio l’uso delle persone e l’ulteriore sconfinamento nel campo dell’illegalità rende impossibile aprire tavoli di confronto politico”.
Social Log, però, respinge le accuse. “Non c’è stata alcuna strumentalizzazione, e salire sul tetto non era previsto – racconta Fulvio, portavoce del collettivo – quando è arrivata la polizia in tenuta antisommossa a mandarci via tanti si sono spaventati ricordando quello che è successo quando, pochi mesi fa, è stata sgomberata l’ex sede Telecom di Bologna, così c’è chi è scappato sul tetto”. Con minori al seguito, che però poi sono stati fatti scendere, poco dopo le parole di Merola e Frascaroli. “Ma non è questa la ragione per cui i bambini sono tornati in cortile – precisa Fulvio – siamo riusciti a farli scendere solo perché la situazione si è calmata”.
Con l’arrivo della polizia, infatti, c’è stato qualche scontro. “Quando è tornata la calma, i minori sono scesi – spiega il portavoce del collettivo – è vergognoso che ci accusino di voler strumentalizzare i bambini. Il Comune tenta di derubricare questa situazione a un mero scontro politico, ma non è così. Parliamo di più di 200 persone senza casa, senza lavoro, che non sanno dove andare”. Così il presidio in via Agucchi 173 proseguirà a oltranza, spiegano i manifestanti, in attesa che il dialogo con l’amministrazione riparta.
Tra gli occupanti c’è chi faceva parte del gruppo che un anno fa abitava all’ex Telecom, la prima maxi occupazione guidata da Social Log. “A loro dovevano pensare i Comuni della Città metropolitana, e in alcuni casi è successo. Ma ad altri sono state proposte soluzioni inaccettabili. A una famiglia, ad esempio, l’assistenza sociale di Monghidoro ha proposto alloggi separati, da una parte la madre con i figli, dall’altra il padre, in dormitori diversi”. Poi ci sono italiani e stranieri, tutti sfrattati tra giugno e dicembre. Carla e il suo compagno, ad esempio, hanno rispettivamente 28 e 32 anni. Lei si è laureata all’Università di Bologna, ma dopo un lungo periodo di occupazioni saltuarie pagare l’affitto è diventato impossibile, e sono stati costretti a vivere a casa di amici. “Una soluzione che non poteva durare – spiega Fulvio – così si sono rivolti al nostro sportello”.
Marika, invece, nome di fantasia, sud americana di nascita, vive in Italia da anni. “Abitava col marito e i due figli, lui era un camionista, ma con la crisi ha iniziato a giocare d’azzardo. Lei ha scoperto che aveva smesso di pagare l’affitto solo molto tempo dopo, si sono separati, ma ora lei e i bambini non hanno più un tetto sopra la testa”. A pranzo e a cena teglie di cibo e legna per accendere qualche fuoco, e scaldare chi presidia, arrivano puntuali, “ma non abbiamo né luce, né acqua, portiamo il cibo con le carrucole”. Social Log, comunque, ha intenzione di rimanere: “Le istituzioni devono smettere di fare la guerra ai poveri – spiega il collettivo, che per il 9 dicembre ha organizzato una fiaccolata per il diritto alla casa – chi si trova in via Agucchi, oggi, sono famiglie che fino a qualche tempo fa vivevano in un appartamento, pagavano le tasse, avevano un lavoro. Che avremmo dovuto fare, noi, quando ci hanno chiesto aiuto? Chiudere gli occhi? No, e per questo siamo qui”.