No, non è vero, bugia: non tutto è andato bene alla Prima della Scala dell’altra sera. E’ andata bene, ma non benissimo. “Stronzo di merda” hanno urlato nelle quinte, subito dopo la chiusura del sipario. A pronunciare quelle parole, superando brillantemente le difficoltà con le sue erre francesi, è stato uno dei due registi della Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi, Moshe Leiser. Destinatario del messaggio il direttore d’orchestra Riccardo Chailly, da quest’anno direttore musicale della Scala, successore di Daniel Barenboim. Tutto rimane verbalizzato, ora, nella storia dell’opera – che da sempre mescola raffinatezze e istinti mondani – grazie a un video dello streaming dalle quinte mandato online in diretta proprio dalla Scala.
La sbobinatura dell’audio dice più o meno questo. Leiser si avvicina a Chailly che, spiega Repubblica, sta per essere intervistato da Radio3 della Rai. “I’m here – gli dice – Congratulations, maestro. Really congratulations”. Sembra che vada tutto bene. E invece no e si capisce da chi intorno già comincia a dire: “Basta, basta”, come a placare il regista. Ma non c’è verso: “Asshole” urla. Poi ha il dubbio che forse da queste parti un certo tipo di inglese non si usi e allora ribadisce: “Stronzo di merda“. Chi assiste alla scena, con un applauso imbarazzato e continui “Basta”, cerca di coprire quella che sembra trasformarsi in rissa. Invece il maestro, raccontano i retroscenisti di vari giornali, resta in silenzio e si allontana.
Si moltiplicano ricostruzioni e ipotesi, com’è giusto che sia. Una di queste suggerisce, intanto, che Chailly, dopo il tributo concesso dal teatro (11 minuti di applausi, molti “Bravi!”, nessuna contestazione neanche dai severi loggionisti), si è chiuso nel camerino, senza parlare con i giornalisti e saltando la cena in cui era presente tra gli altri anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Sul motivo dello scazzo, invece, si dice che sia il frutto di settimane ad alta tensione tra i due registi e il direttore d’orchestra, confronti serrati – ed è un eufemismo – che sarebbero continuati fino alla vigilia dello spettacolo di Sant’Ambrogio. Al centro di tutto la materia artistica. I due francesi, infatti, hanno dato a Giovanna d’Arco una raffigurazione più terrena e meno mistica – questa è l’accusa – nel senso di una giovane che è più preda dei suoi deliri che portatrice profonda della sua fede o addirittura di una ragazza che sogna di essere la Pulzella d’Orleans e di combattere la sua guerra personale, eccetera.
Di contro dall’altra parte c’è Chailly che alla Giovanna d’Arco di Verdi tiene molto, ne è forse una sorta di custode, per lui è “emotivamente sempre molto coinvolgente”, aveva detto, “ogni volta che la dirigo arrivo molto provato, segnato da questa vicenda e trasfigurato dalla bellezza della musica”, aggiungendo di aver scoperto l’opera da ragazzo e di averla diretta per la prima volta nel 1989.
Gli esperti e i critici hanno raccontato in questi giorni di un’interpretazione fedelissima della partitura della Giovanna d’Arco, quasi scandita (qualcuno ha detto lenta, su certi brani). Alla vigilia della prima Prima da direttore musicale della Scala voleva, spiegano i giornali, che tutto fosse asciutto e lineare. Dunque, racconta Repubblica, all’ultimo momento avrebbe chiesto cambiamenti soprattutto sulle scene troppo esplicite, come quella in cui i diavoli tentano la pulzella che si concede agli abbracci di re Carlo (il tenore Francesco Meli) sopra a un letto.
“Ognuno è responsabile del proprio lavoro” aveva risposto Chailly in un’intervista a Natalia Aspesi. Il giorno dopo aveva distribuito complimenti a orchestra e maestranze, al coro, al direttore Bruno Casoni, alla star Anna Netrebko. Niente sui registi. Però “era importante verificare che la regia non ostacolasse l’interpretazione musicale”. Proprio sulla Giovanna d’Arco, come ha raccontato nei giorni scorsi Fq Magazine, Verdi litigò furiosamente con la dirigenza del teatro perché non gli piaceva come era stata allestita e messa in piedi. Magari a qualcuno dei litiganti porterà bene. “Non mi interessa e non mi è mai interessato il successo mirato in maniera individuale di qualcuno di noi – ha detto Chailly – È veramente l’operato di tutti che porta a un successo collettivo. Questo è successo ed è un fatto importante”. Intanto, come ricorda Avvenire, è stato cambiato anche il regista dell’altro titolo che Chailly dirigerà quest’anno alla Scala, La fanciulla del West di Giacomo Puccini: fuori l’inglese Graham Vick, dentro il canadese Robert Carsen.