Dall'1 gennaio al 30 novembre i bambini e ragazzi arrivati in Italia non accompagnati sono stati 10.952. Di questi 5.902 sono irreperibili. Secondo un dossier della Caritas quelli di origine eritrea o afgana tentano di ottenere asilo nel Nord Europa, ma oltre 1.200 egiziani sono diventati merce per i peggiori traffici. E le adolescenti vengono impiegate per la prostituzione
Arrivano da soli, nascosti tra le centinaia di disperati che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste a bordo delle carrette del mare. Hanno tra i sei e i diciassette anni, nessun genitore o familiare al loro seguito e neanche uno straccio di documento in tasca. Non parlano l’italiano o l’inglese, vengono identificati a fatica in base alle loro spontanee dichiarazioni e quindi assegnati ai centri di accoglienza. Poi, ad un certo punto, scompaiono nel nulla, e nessuno li andrà mai a cercare. Sono i minori stranieri non accompagnati che ogni anno si volatilizzano nel nostro Paese: ragazzini finiti in un buco nero che è impossibile da raccontare. Non è un problema secondario, e basta leggere le statistiche per accorgersene: ogni anno, infatti, più della metà dei minori stranieri ospitati dai nostri centri scompare senza lasciare traccia di sé.
Quasi seimila minori scomparsi nel 2015 – I numeri del ministero delle Politiche sociali parlano da soli: dall’1 gennaio al 30 novembre del 2015 sono 10.952 i minori non accompagnati arrivati in Italia. Di questi ben 5.902 sono irreperibili, scomparsi, svaniti: più di uno su due non si sa che fine abbia fatto. Sono soprattutto egiziani, eritrei e somali, hanno a malapena l’età per frequentare le scuole medie e di punto in bianco semplicemente non rispondono all’appello. Da lì in poi è come se non esistessero più, giovanissimi fantasmi che attraversano silenziosamente il nostro Paese. Dove vanno a finire? “Molto spesso questi ragazzi vengono con il numero di telefono dello zio, del presunto zio, del parente o della comunità a cui devono rivolgersi e non esistono soluzioni, se non di tipo coercitivo, per impedire loro di andare via. Sono convinti che il loro parente troverà per loro il percorso migliore per integrarsi”, spiegava alla commissione parlamentare d’inchiesta sui centri d’accoglienza il prefetto Mario Morcone, capo dipartimento per l’immigrazione del ministero dell’Interno.
La fuga: raggiungere la famiglia o il nord Ue – Dal primo gennaio 2015, infatti, anche la gestione dei minori stranieri non accompagnati è passata sotto la competenza del Viminale, che ha riconosciuto il pagamento di 45 euro al giorno per ogni ragazzo ospitato alle dieci strutture autorizzate, tutte nel Sud Italia. Un accordo che non è bastato ad arginare al problema, dato che i ragazzi non sono detenuti ma ospiti dei centri, molto spesso poco vigilati e abbandonati a se stessi: a un certo punto non si presentano a cena e vanno ad allungare l’elenco degli irreperibili del ministero. Perché fuggono? Spesso, come spiegava lo stesso Morcone, vanno via perché cercano di ricongiungersi ai familiari già presenti sul territorio nazionale o magari in altri Stati dell’Unione Europea. Sono in pochi, però, quelli che ci riescono: a spiegare che fine fanno gli altri c’è un recentissimo dossier pubblicato dalla Caritas. I minori di origine eritrea o afgana, per esempio, “cercano di restare al di fuori del sistema di accoglienza per evitare di esser fotosegnalati e vanno a infoltire le fila dei transitanti per poter proseguire il loro viaggio verso il nord Europa, trovandosi privi di qualsiasi forma di cura e di tutela basilare”. In pratica evitano di farsi schedare nei database italiani, Paese in cui sono arrivati e dove dovrebbero chiedere asilo secondo gli accordi Ue, per poi fuggire e provare ad ottenere lo status di rifugiato in altri Paesi del nord Europa. “È anche per questo motivo che è necessario il superamento dell’antistorico trattato di Dublino: il fenomeno dei minori non accompagnati scomparsi dimostra anche come il modello di accoglienza vantato in più occasioni dal ministro Alfano faccia acqua da più parti”, dice Erasmo Palazzotto, parlamentare della commissione d’inchiesta sui centri d’accoglienza.
Il buco nero: prostituzione e criminalità – Ma non solo. Perché oltre a chi fugge per andare a chiedere asilo in Nord Europa c’è anche chi in un modo o nell’altro è costretto a rimanere in Italia: non è riuscito a raggiungere la famiglia e finisce cooptato dalla criminalità, sfruttato, utilizzato come merce per i peggiori traffici. Secondo la Caritas è questa la fine che hanno fatto i 1.260 ragazzi scomparsi, che avevano dichiarato di provenire dall’Egitto. “Per le organizzazioni criminali – si legge nel rapporto – attirare nelle proprie attività minori stranieri che arrivano da soli nel nostro Paese, privi di riferimenti, con un debito sulle spalle da estinguere quanto prima, è molto facile. Sfruttano la normativa, legata ai permessi di soggiorno per minore età (il divieto di espulsione), a proprio vantaggio e si assicurano manovalanza a basso rischio e basso costo. Li attirano nelle grandi città (principalmente Milano e Roma), dove le comunità egiziane sono numerose e radicate”. Molti dei ragazzini arrivati in Italia, infatti, devono ancora saldare il debito acceso con gli scafisti che li hanno condotti sulle nostre coste. Il fatto che cerchino disperatamente denaro anche quando sono ormai in Italia, e che in qualche caso fuggano dai centri d’accoglienza proprio con quest’obiettivo, porta gli inquirenti a sospettare che gli esattori dei trafficanti di esseri umani siano attivi anche nel nostro Paese. Ma in questa storia di bambini che diventano fantasmi, il destino peggiore tocca alle ragazzine.
“Le adolescenti provenienti dall’Europa dell’Est, con un’età tra i 16 e i 17 anni, vengono principalmente sfruttate ai fini della prostituzione”, continua infatti il dossier della Caritas. “Le ragazze nigeriane, anche loro vittime di sfruttamento sessuale e tenute prigioniere dai trafficanti, vengono invece attirate in Italia con la promessa di un lavoro, ma già durante il viaggio scoprono l’inganno”. Gli esempi si sprecano: basta scorrere i titoli di cronaca o fare una passeggiata nele periferie e i sobborghi delle grandi città italiane.
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