Ma sono incostituzionali o no, quei rimborsi elettorali cui ieri l’ufficio di presidenza della Camera ha dato il via libera e che saranno pagati ai partiti entro le prossime 24 ore? Dopo tante polemiche, di quei 21 milioni liquidati senza alcun controllo in base alla cosiddetta sanatoria Boccadutri (e che sommati alla prima tranche di rimborsi già erogati portano il totale degli aiuti a oltre 45 milioni), si occuperà il tribunale di Venezia il prossimo 8 gennaio, quando in aula arriverà il ricorso presentato dal giornalista Giulietto Chiesa, ex europarlamentare e fondatore dei Riformatori per l’Ulivo, insieme a un altro piccolo movimento, i Democratici Solidali Liberali, contro la Presidenza del Consiglio, il ministero dell’Interno, la Camera dei Deputati e la Commissione di garanzia che avrebbe dovuto controllare i rendiconti dei partiti politici. E che non ha potuto controllare, ahilei, per colpa proprio della contestatissima legge approvata in tutta fretta dal Senato il 14 ottobre, tanto che ieri Montecitorio ha approvato l’erogazione dei contributi pur in assenza di qualsiasi controllo ai bilanci.
FUORI CONTROLLO Indebita, illegittima e incostituzionale. Secondo Chiesa e gli altri ricorrenti, l’erogazione dei rimborsi ai partiti, se fatta senza alcun controllo e sulla base di rendiconti non verificati e dunque potenzialmente ingannevoli, potrebbe alterare la par condicio elettorale favorendo i partiti che hanno possibilità di attingere ai fondi pubblici a scapito di quelli esclusi dai contributi. Un «inquinamento della arena politica» che finirebbe inevitabilmente per ledere i diritti politici e costituzionali dei cittadini che non fanno parte del cerchio magico dei partiti che in Parlamento decidono come e quando liquidare i rimborsi.
DIRITTI E ROVESCI «Laura Bolrini rischia di passare alla storia della Camera per avere legato il suo nome a un provvedimento che dileggia i diritti essenziali di partecipazione politica dei cittadini», spiega Francesco Paola, l’avvocato di Giulietto Chiesa, che inutilmente ha chiesto di essere ascoltato ieri dall’ufficio di presidenza di Montecitorio. «Si tratta chiaramente di un provvedimento che non solo si iscrive nel peggiore filone delle leggi personali, qui a favore di partiti che da soli si fanno la legge e da soli si autoliquidano rimborsi per milioni, ma che lascia addirittura sconcertati per la brutalità con cui si interviene sui principi di garanzia costituzionale». Cioè? «In questa legge ci sono elementi scandalosi come l’abrogazione retroattiva dei controlli su fondi che hanno un chiaro vincolo costituzionale di scopo, e sono cioè tesi a garantire l’esercizio di libertà costituzionali e diritti di partecipazione politica che stanno alla base della nostra stessa libertà di voto. Scandaloso è anche il dileggio ai magistrati della Commissione di garanzia che vengono beffati e scavalcati, dopo essere stati messi in condizione di non operare da parte degli stessi partiti che avrebbero dovuto da loro essere controllati. Ma ancora più brutale è il modo in cui vengono scherniti i cittadini e le formazioni politiche che pure hanno il diritto sacrosanto di non vedere alterata quell’arena politico-elettorale che è un bene costituzionale comune, e che viene minacciato dalla somministrazione di fondi pubblici al di fuori di ogni controllo».
FRACCARO ALL’ATTACCO Tutte tesi che il giudice Paolo Talamo ha ritenuto degne di essere esaminate e che pertanto verranno discusse a gennaio davanti alla III sezione civile del tribunale di Venezia. Palazzo Chigi, Viminale, Camera e Commissione di garanzia hanno tempo fino al 4 gennaio per depositare le loro memorie. «Ma anche noi stiamo valutando l’ipotesi di presentare un ricorso contro la legge Boccadutri, visto che anche per noi presenta caratteri di palese incostituzionalità», assicura Riccardo Fraccaro, deputato M5S e membro dell’ufficio di presidenza. Che non nasconde le sue mille perplessità su questa erogazione incontrollata, a partire dai tempi super-rapidi: «Quanto tempo ci mette, in genere, la Pubblica Amministrazione a pagare i suoi fornitori? Mesi. Anni, perfino. E dopo un calvario burocratico di fatture, documenti, pezze d’appoggio, bilanci certificati, tanto che molti imprenditori, nell’attesa, finiscono per fallire», spiega. «Qui la Camera, per pagare 21 milioni di euro di rimborsi elettorali ai partiti, impiega appena 48 ore. E senza nemmeno dare un’occhiata ai rendiconti che giustificherebbero, o meno, le spese da rimborsare».
LEGA IN CASSA Fraccaro, in effetti, è furibondo. Insieme ai due colleghi del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e Claudia Mannino, ieri ha perso la grande battaglia sui rimborsi elettorali cui la cosiddetta sanatoria Boccadutri ha dato via libera il 14 ottobre scorso, «abolendo retroattivamente i controlli preventivi sui bilanci». A mezzogiorno di ieri, infatti, l’ufficio di presidenza della Camera era convocato per decidere sulla contestatissima «erogazione dei contributi pubblici ai partiti politici per l’anno 2015». E all’una tutto era già finito: disco verde al pagamento di 21 milioni di euro come contributo per l’anno 2013, che assommati ai finanziamenti per il 2012 fanno in tutto 45,5 milioni di regalìe. Il tutto senza uno straccio di controllo su bilanci potenzialmente irregolari o addirittura falsi, come ha denunciato il blog ufficiale di Beppe Grillo prima della riunione e come hanno messo a verbale i tre membri Cinque Stelle dell’Ufficio di presidenza. «Ma ci siamo trovati davanti a un muro di gomma. Qualunque cosa noi dicessimo o obiettassimo, gli altri partiti facevano muro, insistendo per procedere al pagamento», denuncia Fraccaro. «Tutti, compresa la Lega, che pure al Senato aveva votato contro la sanatoria Boccadutri per far finta di stare all’opposizione. E questo è paradossale: vengono pagati i rimborsi a un partito che, secondo la Corte dei Conti, deve ancora restituire allo Stato i milioni rubati dall’ex tesoriere Belsito…».
GUERRA CONTINUA Paradossale o meno, a Montecitorio la battaglia è stata durissima. Perché a combattere non erano solo i Cinque Stelle da una parte e gli altri partiti sul fronte opposto: tra i due fronti c’era il convitato di pietra Giulietto Chiesa, ex europarlamentare della lista Di Pietro-Occhetto, poi fondatore dei Riformatori per l’Ulivo, che appunto insieme a un altro micromovimento, i Democratici Solidali Liberali, agli inizi di novembre ha formalmente diffidato la Camera dal procedere al pagamento dei suddetti contributi, non solo «indebiti o illegittimi» perché previsti da una legge «potenzialmente incostituzionale», ma anche perchè la sanatoria Boccadutri «violerebbe la normativa comunitaria in materia di affidamento di fondi pubblici». Inutilmente i tre membri Cinque Stelle ieri hanno proposto all’ufficio di presidenza di rimandare i pagamenti e di chiedere un parere legale agli avvocati della Camera: su 21 componenti dell’ufficio, ben 18 hanno votato contro. Cioè tutti, di tutti i partiti. «E’ chiaro che quei soldi servono in fretta ai tesorieri per chiudere i conti dell’annata», riflette Fraccaro, «ma qui bisogna sottolineare che chi ha votato quel pagamento corre un rischio penale personale: la Camera infatti agisce in quanto semplice organo pagatore e in questo ruolo non gode di immunità costituzionale». E la guerra continua.