Pubblica accusa: "In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze". La Quinta sezione penale dovrà decidere se confermare o meno la condanna dell'ex fidanzato o rinviare il caso in appello. Assenti in aula sia il 32enne che i genitori di Chiara Poggi
Colpo di scena in Cassazione, dove venerdì mattina si è riaperto il caso del delitto di Garlasco e il procuratore generale Oscar Cedrangolo ha chiesto l’annullamento della condanna con rinvio del ricorso dell’imputato Alberto Stasi (che chiedeva l’assoluzione), e del ricorso del pg di Milano, che chiedeva al contrario il riconoscimento dell’aggravante di crudeltà. Il procuratore nella sua requisitoria ha sottolineato “la debolezza dell’impianto accusatorio“, che nell’appello bis ha portato alla condanna a 16 anni di Stasi per l’omicidio della sua fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella sua villa di Garlasco il 13 agosto 2007. L’udienza si è aperta davanti alla Quinta sezione penale dove i supremi giudici devono decidere se confermare o meno la condanna dell’ex fidanzato della vittima. Il verdetto potrebbe arrivare già nella giornata di venerdì 11 dicembre. In aula sono assenti sia il 32enne sia i coniugi Poggi. Ma il collegio, presieduto da Maurizio Fumo, è chiamato soprattutto a valutare il ricorso della Procura generale di Milano che vuole veder riconosciuta l’aggravante della crudeltà che potrebbe portare a un aumento di pena fino a 30 anni di carcere.
Pg: “In questa sede si giudicano sentenze non gli imputati”
Nella sua articolata requisitoria il pg Cedrangolo ha scandagliato punto per punto gli indizi che hanno portato la corte d’appello di Milano lo scorso anno, dopo il rinvio della Cassazione, ad emettere la condanna. “In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi”, ha detto il pg rivolgendosi al collegio, “ma insieme possiamo stabilire se la sentenza è fatta bene o fatta male. A me pare che la sentenza sia da annullare“. Il pg ha quindi sottolineato che a suo avviso “potrebbero esserci i presupposti di un annullamento senza rinvio, che faccia rivivere la sentenza di primo grado” e quindi l’assoluzione di Stasi. Ma ha poi ricordato che la prima sentenza della Cassazione dell’aprile 2013 ha voluto “ascoltare il grido di dolore” dei genitori della vittima nel chiedere di trovare l’assassino della figlia: “Ho apprezzato lo scrupolo della Cassazione, quando dopo le due assoluzioni ha chiesto un nuovo giudizio. E vi chiedo di concedergli lo stesso scrupolo”. Il pg ha quindi suggerito che si dispongano “nuove acquisizioni o differenti apprezzamenti”, anche se alcuni esami come quello sul capello trovato nelle mani della vittima, non potranno essere ripetuti. E ha poi precisato che “l’annullamento deve essere disposto sia in accoglimento del ricorso del pg, sia di quello dell’imputato. Perché se Alberto è innocente deve essere assolto, ma se è colpevole deve avere la pena che merita“.
“Fare chiarezza su perizie contrapposte”
Cedrangolo ha sottolineato come sia necessario fare chiarezza tra le due perizie contrapposte rispetto allo scivolamento del corpo di Chiara sulle scale. Quanto alle impronte delle scarpe trovate sul luogo del delitto, il pg ha sottolineato che “ci sono voluti sette anni per individuare taglia e marca delle scarpe, Frau numero 42”, e ha anche evidenziato che “se le scarpe dell’aggressore erano copiosamente imbrattate di sangue, perché le impronte sono state ritrovate sul tappetino del bagno, come mai non sono state evidenziate le impronte di uscita fino alla porta d’ingresso. Mistero”. A suo avviso “questa è un’altra incongruenza che merita accertamento”. Quanto alle impronte sul dispenser di sapone liquido in bagno, il pg ha detto “che l’imputato frequentava la casa: ci mangiava, ci dormiva, ci faceva l’amore e da un punto di vista razionale non aveva alcun interesse a cancellare le sue impronte”. Cedrangolo ha ancora sottolineato che “sono 24 le persone che si sono recate in quell’appartamento prima che vi accedessero i Ris per i rilievi”, che “non si sono dimostrati affidabili per l’impossibilità di verificare l’essiccamento del sangue e per il massiccio inquinamento del luogo”.
“Condanna arrivata con pochi indizi e senza movente”
“La sentenza di rinvio dà atto che il movente non è stato individuato ma poi si industria a costruirne uno legato alla vicenda delle immagini pornografiche”, con il timore che Chiara potesse distruggere “l’immagine di ragazzo perbene e studente modello di Alberto” ma “la logica ci viene in soccorso e impone di escludere l’insostenibile ipotesi secondo la quale per evitare che la sua fidanzata rendesse nota la passione per la pornografia decidesse di ucciderla costituendosi come alibi proprio quel pc pieno di immagini pornografiche consegnato la mattina dopo ai carabinieri”. Il pg ha sottolineato come emerge dagli atti una “debolezza dell’impianto accusatorio perché se gli indizi sono forti è inutile cercare a tutti i costi un movente che non si riesce a trovare”. La sentenza d’appello condanna Stasi senza riconoscergli l’aggravante della crudeltà e ad avviso del pg, “alla fine di una sentenza del genere non si spiega l’indulgenza della Corte nell’escludere l’aggravante se si dice che Chiara è stata “brutalmente uccisa: è il solito inaccettabile sistema di un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma così non si fa giustizia, ma si aggiunge dolore a dolore”.
“Delitto Garlasco perniciosa spettacolarizzazione”
Secondo il procuratore generale, l’omicidio di Garlasco, così come altri, è stato oggetto di “una perniciosa forma di spettacolarizzazione” attraverso “quei processi televisivi che inquinano la capacità di giudizio degli spettatori, tra i quali, forse nessuno ci pensa, rientrano anche i giudici, togati e popolari, di queste vicende”. Stasi era stato assolto sia in primo grado sia in appello, con rito abbreviato fino a che la Cassazione nell’aprile 2013 non ha disposto l’annullamento e un nuovo processo che ha rivalutato le prove sciogliendo alcuni misteri come quello delle biciclette e della camminata di Stasi e che si è concluso con la condanna a 16 anni. “In caso di condanna Alberto si costituirà”, ha detto l’avvocato Fabio Giarda del collegio difensivo di Stasi.