Mafie

Mafia, smantellato il clan di Santa Maria di Gesù. Il clan faceva le “primarie” per rinnovare i vertici dell’organizzazione

Sei fermi per l'omicidio di Salvatore Sciacchitano avvenuto a inizio ottobre. E dall'inchiesta emerge che i boss si riunivano in una sala da barba recuperando i vecchi metodi di designazione. Tra le persone coinvolte anche un ergastolano condannato e poi scagionato nel processo per la strage di via D'Amelio

Per decidere alleanze e candidature avevano scelto una sala da barba: è lì, nel cuore del feudo mafioso di Santa Maria di Gesù, che i boss si riunivano prima di dar via alle elezioni per il rinnovo dei vertici del clan. E’ uno dei particolari dell’inchiesta dei carabinieri che ha anche fatto luce sull’omicidio di Salvatore Sciacchitano, ucciso il 3 ottobre scorso a Palermo e che ha portato a sei fermi. Sciacchitano avrebbe partecipato a un agguato contro un pregiudicato vicino alla cosca. Dopo poche ore sarebbe stato punito: segno della capacità militare del clan, in grado di organizzare in pochissimo tempo una reazione militare all’aggressione di uno dei suoi. Dall’inchiesta, dunque, emerge il ritorno ai vecchi metodi di designazione dei capi, una sorta di “democratizzazione” criminale seguita agli anni di tirannia dei corleonesi di Totò Riina.

I carabinieri del Ros e del comando provinciale stanno eseguendo 6 provvedimenti di fermo della Direzione distrettuale antimafia. Le persone accusate devono rispondere a vario titolo di omicidio, tentato omicidio, associazione mafiosa e reati legati al possesso di armi. Le indagini riguardano la famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, appunto, e avrebbero svelato il coinvolgimento della cosca nell’omicidio di Sciacchitano e nel ferimento di Antonino Arizzi, avvenuti a Palermo il 3 ottobre scorso. Alcuni dei fermati, secondo gli inquirenti, sono coinvolti nell’agguato a Sciacchitano, punito per aver partecipato, poche ore prima di essere ucciso, al ferimento di Luigi Cona, personaggio vicino a Cosa nostra.

Tra i sei fermati c’è anche uno dei 7 ergastolani condannati e poi scagionati dal processo per la strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino. Si tratta di Natale Gambino finito in cella insieme a Giuseppe Greco, già arrestato e condannato per associazione mafiosa. I due, intercettati, parlano esplicitamente del rinnovo dei vertici dell’associazione mafiosa.