La Procura di Civitavecchia apre un'inchiesta per istigazione al suicidio. I pm adesso dovranno verificare il racconto di Luigino D'Angelo trovato nel computer: un atto d'accusa scritto venti minuti prima di impiccarsi
Un atto d’accusa. Di più. Una pista investigativa ricca di dettagli da verificare. La lettera che Luigino D’Angelo ha scritto al computer, appena venti minuti prima di impiccarsi, è un documento fondamentale per la Procura di Civitavecchia, che ieri ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Verificata l’autenticità del documento, poiché D’angelo non l’ha firmato, la pm Alessandra D’Amore potrà seguire passo dopo passo la linea investigativa che il pensionato 68enne ha tracciato, scrivendola in una pagina word, pochi minuti prima della sua morte.
Che vi fosse un’inchiesta sul suo caso, insomma, è stato l’ultimo desiderio espresso dal signor D’Angelo. Ed è chiaro dall’incipit del suo “testamento”. “Chiedo scusa a tutti”, esordisce, “il mio gesto non è per i soldi che abbiamo perso, ma per lo smacco subìto”. Poi avanza la sua richiesta alla moglie Lidia: “Ciao amore, ti ho voluto tanto bene, grazie del bel tempo passato insieme, sei una donna speciale. Denuncia il direttore e gli addetti ai titoli per comportamento scorretto, anzi, direi criminale…”. Poi spiega quanto accaduto negli ultimi mesi.
La procura adesso verificherà se è vero, come sostiene D’Angelo nella sua lettera, che nel 2015 s’è presentato più volte in banca per risolvere il problema legato ai 110mila euro investiti in obbligazioni subordinate.
Il primo passaggio segnalato dal signor Luigi riguarda il “commissario liquidatore” della banca: “Mi sono recato più volte durante l’anno presso il loro ufficio titoli, in quanto ero stato avvertito, dal commissario liquidatore, che i miei titoli erano a rischio…”. Altri funzionari dovranno confermare o smentire, dinanzi alla procura, se è vero che l’uomo ha consultato “gli esperti della banca, i quali mi hanno sempre garantito che, escluso le azioni congelate, per il resto non correvo nessun rischio”. Le lettere ricevute dal commissario liquidatore sono più d’una.
L’ultima, pochi mesi fa. “Ricevuta la lettera del commissario – continua – con il solito avvertimento del rischio che stavo correndo, mi sono recato ancora una volta all’addetto dei titoli, il quale mi ha rassicurato ancora una volta”. Il signor Luigi non è per niente tranquillo. E racconta un altro dettaglio fondamentale per l’inchiesta: come e quando viene a sapere come aveva investito i suoi soldi. Il testo è chiaro: “Allora per la prima volta ho chiesto di parlare con il direttore… e per la prima volta sono venuto a conoscenza della differenza tra un titolo normale e un titolo subordinato”. Le rassicurazioni a quanto pare continuano. L’uomo scopre che “sotto al mio titolo subordinato, ne esistevano altri, di categoria inferiore” e racconta di essere stato tranquillizzato: “Se le cose fossero andate male, non sarebbero arrivati a eliminare il mio titolo”. Ma l’inquietudine sale di ora in ora.
È impressionante la frequenza con cui si presenta in banca. “Ancora una volta – continua – me ne sono andato. Ho raccolto qualche informazione e il giorno successivo sono tornato”. Questa volta la richiesta è diversa, racconta, ed è molto precisa: “Alla mia richiesta di vedere il prezzo di mercato… l’addetto mi ha comunicato che non c’era alcun rischio, si sarebbe interessato e mi avrebbe fatto sapere nei giorni successivi”. Niente da fare: Luigino non si sente per niente tranquillo. “Dopo alcuni giorni – scrive – sono tornato, dato che non avevo avuto risposta. Ho parlato con il direttore, il quale mi ha ricevuto e con lui abbiamo deciso di vendere le obbligazioni”. È un altro episodio fondamentale, nella ricostruzione dei fatti, poiché il signor D’angelo descrive una vera e propria trattativa che però non va in porto: “Il direttore mi ha proposto di fare un’assicurazione…”.
Luigi racconta di aver avanzato una richiesta al direttore: entrare in possesso di alcuni documenti che lo riguardavano. “Mi ha risposto che erano documenti che non dovevo avere e di conseguenza l’assicurazione non l’ho più fatta…”. Niente assicurazioni, spiega nella lettera, niente vendita delle obbligazioni. Si arriva così al 22 novembre. Quando il governo Renzi firma il decreto “salva banche”, Luigi capisce che non rivedrà un centesimo. “Poi è stato fatto il decreto legge che ha portato all’azzeramento delle mie obbligazioni”, conclude il 28 novembre, pochi minuti prima di uccidersi, “ora ditemi se questa non è una truffa organizzata”.