Società

Salva banche: non chiamateli tutti ingenui risparmiatori

La stampa e la televisione sono riusciti a dare il peggio di loro, guerra peraltro ardita alla luce delle ormai numerose incompetenze con cui i giornalisti affrontano l’universo mondo. Intendiamoci: redazioni risicate non permettono sempre di avere lo specialista per ogni settore. E ci si arrabatta come si può.

Si è parlato, in merito al decreto salva banche, solo di risparmiatori. Ma c’è modo e modo per vestire quel ruolo.

La narrazione mediatica, su questo non voluto chiarimento, ha giocato la solita partita del “dagli al governo” reo di averle salvate e con esse almeno i correntisti. Azionisti e obbligazionisti sono stati, alla stessa stregua da stampa in malafede, considerati ingenui risparmiatori e assimilati a coloro che per non sapere né leggere né scrivere, abdicano dall’idea di arricchirsi comprando i buoni del tesoro, perché non vogliono sorprese di sorta. Con un modesto rischio, al contrario, e con una redditività di parecchi punti percentuale vi sono le obbligazioni (nelle loro declinazioni) e le azioni della banca. E tutto sommato esiste il rischio ma cosa vuole che sia: le banche non falliscono.

Immagino che molti dialoghi siano andati così. Il meccanismo è quello tipico della truffa: solletichi l’avidità del singolo con guadagni importanti e, dal punto di vista psicologico, il singolo relega in una recondita parte del suo cervello il fatto che quel guadagno comporti un rischio. Non è assolutamente certo. Come non è certa la somma capitale che tu affidi per quell’investimento.

Va da sé che la cosa curiosa, in epoca in cui il web ci ha fatto diventare tutti dottori, avvocati, ingegneri, strateghi, esperti ambientali o di infrastrutture e soprattutto neo costituzionalisti, l’unica area in cui il cittadino, consapevole e preparatissimo su tutto, pare essere una sorta di minus habens è quella dei soldi e della finanza.

Difficile comprendere che una alea può incidere sul proprio investimento straziandolo o dilapidandolo? Pare di no ma non devono pensarlo coloro che in difesa di azionisti e obbligazionisti rivendicano la rifusione delle perdite.

Intendiamoci ci saranno anche casi di vera e propria circuizione o abusi di fiducia. Ma se la media dei dialoghi è quella riportata sopra un adulto che prima di entrare in banca e farsi vendere azioni, ha magari discusso animatamente su Fb o al bar, dell’impatto della energia eolica sul pianeta, o degli aspetti procedurali di una eccezione che lui liquida quale escamotage per arrivare alla prescrizione (anche se ignora quando sarà la prescrizione), pare difficile ipotizzare che il tanto decantato cittadino che una parte della politica ritiene maturo per assumersi responsabilità di governo o di amministrazione, si squagli in una mozzarella di fronte ad un investimento. E se anziano avrà miriadi di tastieristi da web tra i nipoti che potranno ben consigliarlo posto che hanno smesso un’ora prima di battibeccare di derivati e bond e sovranità monetaria.

La realtà, cruda e pura, e che se al posto dello 0, ti viene offerto il 5 o 6, la propensione a guadagnare e una mai sopita avidità, relegano la parola rischio ad una lontana subordinata che se capita, capita a coloro che fanno azzardi ben più pericolosi. La socializzazione di una perdita fa così capolino e vedremo cosa farà Renzi. Se accetterà di rifondare anche un solo euro, si sarà dimostrato un calabrache. Se al contrario non lo farà, forse avremo superato definitivamente, l’epoca “Agnelliana” in cui lo Stato correva a ripianare i debiti di chi, per natura dell’affare, si era assunto un rischio.

Così stanno le cose. Verità spiacevole ma con cui fare i conti. Altra cosa saranno azioni di responsabilità che mi auguro vengano avviate al fine, se colpevoli, di ridurre in mutande i manager causa di banche in rovina.