Tutti a processo per il contrabbando di sigarette da Torino verso l’Europa. Lo scandalo che ha coinvolto la Yesmoke, una delle due aziende italiane produttrici di “bionde”, arriva nelle aule del Palazzo di giustizia. Giovedì nel capoluogo piemontese il gup Silvia Carosio ha rinviato a giudizio sette persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’evasione delle accise, al falso e al contrabbando che, secondo il gip Roberta Vicini, era l’ “oggetto sociale parallelo a quello legalmente dichiarato” dalla società. Tra gli imputati ci sono anche i fratelli Gian Paolo e Carlo Messina, fondatori e amministratori della Yesmoke e protagonisti di un documentario, “Smokings”, in cui si racconta la loro avventura imprenditoriale e la loro battaglia contro le multinazionali del tabacco.
I fratelli Messina, insieme ad altre 15 persone, erano stati arrestati il 27 novembre 2014 nell’ambito di un’indagine internazionale cominciata da una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e portata avanti dai finanzieri del Gico, della Polizia tributaria e del Nucleo interregionale antifrode, coordinati dal sostituto procuratore Marco Gianoglio e dall’aggiunto Alberto Perduca. Dal luglio 2013 gli investigatori hanno monitorato lo spostamento dei camion carichi di sigarette che partivano dallo stabilimento della Yesmoke a Settimo Torinese per andare all’estero. “La merce usciva dal proprio deposito e si perdeva nel nulla, piazzata presso acquirenti, buona parte dei quali rimasti ignoti e nei confronti dei quali la vendita non era gravata dalla accisa”, scriveva il gip Vicini nell’ordinanza di custodia cautelare. Dopo aver varcato le frontiere dell’Italia orientale i carichi si dirigevano verso i paesi a est dell’Unione europea, come Serbia, Moldavia, Ucraina e Turchia, o verso la Transnistria, regione indipendentista della Moldavia non riconosciuta dalla comunità internazionale. In seguito le sigarette venivano cedute a società che “non esistevano o comunque non erano in grado di potere acquistare il materiale” e poi “nel corso dei passaggi la merce mutava la propria denominazione e ciò al fine di farne perdere le tracce”, si legge nell’ordinanza.
Secondo le ipotesi investigative le bolle di accompagnamento dei carichi venivano falsificate per dimostrare che le “bionde” finivano su questi mercati extracomunitari evitando il pagamento dell’Iva e delle accise, mentre in realtà i camion si sarebbero diretti verso l’Europa centrale e da qui le sigarette sarebbero state introdotte nel mercato nero: molti pacchetti della Yesmoke sono stati ritrovati e sequestrati nel Regno Unito, in Germania, Spagna, Polonia, Slovacchia e Lituania. Così facendo la Yesmoke avrebbe evaso quasi 130 milioni di euro di accise e 35 milioni di Iva tra il 2011 e il 2014, stando ai calcoli eseguiti dalla Polizia tributaria della Guardia di finanza guidata dal comandante Luigi Vinciguerra. Parte di questo denaro sarebbe stato nascosto all’estero: per mesi gli investigatori hanno cercato il loro tesoro e hanno scoperto delle somme in Svizzera, mentre una parte sarebbe al sicuro nelle banche della Russia, dove i due fratelli hanno avuto attività economiche.
Intanto, dopo un anno di carcere e arresti domiciliari, i due imprenditori sono sottoposti all’obbligo di firma. Contro di loro la procura ha ottenuto il giudizio immediato, procedimento da riunire a quello che inizierà il 27 gennaio prossimo. Di fronte ai giudici della IV sezione penale i Messina si presenteranno con l’intenzione di dare battaglia: “Il rinvio a giudizio era un esito atteso e siamo pronti ad affrontare il processo”, spiega l’avvocato Enrico Calabrese, che li assiste insieme al collega Angelo Sammarco.